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L’operazione ‘Mala Sanitas’ scattata stamani prende le mosse dalla captazione di alcune telefonate intercettate nell’ambito di un procedimento penale, pendente presso la Dda di Reggio Calabria, riguardante una serie di soggetti a vario titolo gravitanti nell’orbita della cosca reggina di ‘ndrangheta De Stefano.
Le intercettazioni e l'ombra della 'ndrangheta - Nello specifico dalle intercettazioni attivate su un’utenza intestata all’ Azienda Ospedaliera e in uso al dott. Alessandro Tripodi, medico ginecologo presso il reparto “Ginecologia e Ostetricia” nonché nipote di Giorgio De Stefano, cugino dei capi storici della citata cosca di ’ndrangheta, emergeva la consumazione di numerosi episodi di malasanità afferenti a reati di colpa medica e di falsità in atto pubblico da parte del personale dipendente.
Successivamente ulteriori elementi sono emersi grazie alle attività di intercettazione telefonica, utili a raccogliere le dichiarazioni delle pazienti/degenti, all’acquisizione della documentazione sanitaria (in particolare, delle cartelle cliniche) e all’esecuzione di consulenze tecniche.
Un collaudato sistema per coprire gli errori - In tale contesto investigativo il contenuto delle conversazioni intercettate assumeva un’importanza decisiva e dirimente nella misura in cui la falsità in atto pubblico contestata emergeva con palmare evidenza nel rapporto e nella discrasia esistente tra ciò che è stato (rispetto al singolo caso in argomento) attestato (fittiziamente) in cartella e ciò che, di contro, il personale sanitario coinvolto ha realmente visto e compiuto durante la fase del parto e/o della degenza e/o dell’intervento chirurgico cesareo svoltosi presso il reparto di Ostetricia e Ginecologia degli Ospedali Riuniti.
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In tale quadro, per coprire le responsabilità derivanti dagli errori medici commessi, il personale sanitario procedeva, con varie modalità e sempre d’intesa, a “manipolare” e a falsificare la relativa cartella clinica.
Così, secondo il caso trattato e il bisogno necessario, ora “la si chiuderà e poserà nell’armadio”, ora si provvederà ad alterarla “con bianchetto”, ora si inciderà sulla stessa “con una striatura”, ora si provvederà a introdurre nella stessa falsi documenti sanitari, ora a sopprimerne “parti” all’occorrenza, ora si provvederà a confezionarla ad arte, ora infine si ometterà deliberatamente di attestare ciò che si è visto e compiuto durante l’intervento.
Sotto il coordinamento della locale Procura, la complessa attività investigativa svolta dalle Fiamme Gialle di Reggio Calabria ha, quindi, posto in luce - mutuando un passaggio dell’ordinanza - “l’esistenza di una serie di gravi negligenze professionali e di «assoluta freddezza e indifferenza» verso il bene della vita che di contro dovrebbero essere sempre abiurate dalla nobile e primaria funzione medica chiamata «a salvare gli altri» e non se stessi”.