Tra le carte dell’operazione Hydra che ha svelato l’intreccio criminale in Lombardia emerge anche l’episodio legato all’organizzazione di un ricevimento nuziale: «Napoletani, calabresi e siciliani. E se vengono col drone che posso fare, mica non li posso invitare»
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Si pianificano estorsioni e si valutano affari legati al traffico di droga, si tracciano strategie per indirizzare i milioni dell’ecobonus 110% e si imbastiscono importazioni di ferro e gasolio dal continente africano: è nelle riunioni in cui si incontrano i rappresentanti del “sistema mafioso lombardo” ipotizzato dalla distrettuale antimafia di Milano, che gli affari dei maggiori gruppi del crimine organizzato che operano in Lombardia, prendono forma.
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Gli inquirenti, in poco meno di un anno, tra il marzo del 2020 e il gennaio dell’anno successivo, ne individuano una ventina, tutti (salvo qualche summit tenuto in Sicilia) in centro o nella prima periferia meneghina. Incontri che vedono sedere allo stesso tavolo esponenti calabresi della locale di Legnano e siciliani della componente palermitana, accomodati di fianco ai romani di Senese “o pazzo” (considerato a lungo come uno dei reggenti del potere criminale nella capitale) e ai rappresentanti di Castelvetrano, come Antonio “l’avvocato” Messina, uomo di fiducia dell’ex primula rossa di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro e agli esponenti del clan Iamonte di Melito Porto Salvo.
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E se nei summit ufficiali, sono gli affari che dettano le regole, anche le occasioni informali diventano occasione per rinsaldare un gruppo che, se come mission persegue «il massimo profitto», di contorno ci deve mettere tutti i salamelecchi che servono per non scontentare nessuno dei tanti che sono seduti allo stesso tavolo. E, letteralmente, di tavoli si parla in una intercettazione captata dagli investigatori che raccolgono lo sfogo di Gioacchino Amico con la futura moglie. L’uomo, tra gli arrestati dell’inchiesta Hydra, sta organizzando le sue nozze e si lamenta con la fidanzata dei tanti nomi “pesanti” che saranno per forza di cosa presenti alla cerimonia perché, nonostante tutti i rischi, alcuni rituali vanno seguiti alla lettera, a Bovalino come a Milano. Amico teme i controlli delle forze dell’ordine e in particolare è terrorizzato dalla possibilità che possa essere utilizzato un drone per delle riprese compromettenti dall’alto.
Nonostante i rischi però quegli inviti vanno consegnati. È così che funzionano le cose ed è lo stesso Amico a spiegarlo alla moglie lagnandosi di avere le mani legate: «Ma che ci posso fare io – si lamenta Amico – che noi sanlucoti, mio compare Peppe di San Luca, minchia! Li possiamo mettere in campagna, nel B&B che sono due famiglie, cognati… e quelli di Roma (il gruppo Senese), certo che vengono! Davvero devono venire con l’elicottero questa volta».
E poi da sistemare ci sono altri sanlucoti «e Giorgi, il parente della “pecora”, quello che hanno preso latitante, quello che era reggente di “Gambazza”, che ci posso fare io se è mio compare? Lavoriamo assieme!» e altri romani, inteso il nipote dell’ex cassiere della banda della Magliana, Enrico Nicoletti: «A sto piccolino qua l’ho cresciuto, giusto? Ma vero l’ho cresciuto quando ero a Roma, l’ho cresciuto il pupo a Roma… lo posso non invitare? Mi scrive “gioia mia” mi manda i cuoricini, lo posso non invitare?». E ancora i palermitani «Zi Ninni stesso, lo zio Stefano (figli del mammasantissima di Acquasanta e Arenella a Palermo) e i napoletani di Secondigliano «un bordello ci sarà, quelli di Secondigliano, quelli di Torre annunziata, e qua siamo, un miscuglio, c’è un bordello». Un vero e proprio festival del crimine organizzato. E pazienza se i magistrati faranno capolino o si affacceranno dall’alto con un drone: «Minchia napoletana è, calabrese è, siciliana è! Che minchia ci devo fare io più di questo? E se vengono con il drone, che minchia vogliono? Mi sto sposando».