Per quasi tutti i Comuni calabresi la questione del rinnovo del contratto agli ex lavoratori Lsu e Lpu (circa 5mila nella nostra regione) è un capitolo chiuso perché nella stragrande maggioranza dei casi i rapporti di lavoro sono stati prorogati per un altro anno. Ma c’è ancora una manciata di Amministrazioni, circa una decina, che resistono, non fidandosi delle rassicurazioni della Regione e temendo che un giorno i loro Enti possano essere chiamati a risarcire i lavoratori che nel frattempo non dovessero essere stabilizzati.

 


A confermare le loro ragioni è ora il ministero del Lavoro, che ha risposto al quesito di Antonino Schinella, sindaco di Arena, dove i lavoratori precari ancora in attesa di rinnovo contrattuale sono 15. Ebbene, il ministero - a sua volta chiamato in causa dall’ispettorato del Lavoro a cui il primo cittadino del Vibonese si era rivolto -, afferma nero su bianco che in assenza di un piano comunale di stabilizzazione dei lavoratori provenienti dal bacino Lsu e Lpu, i contratti non possono essere prorogati. Piano che, d’altra parte, deve per legge poggiare su due pilastri: effettivo fabbisogno di personale previsto su base triennale e copertura finanziaria. Al momento sono davvero pochi i Comuni che possono vantare il rispetto di questi presupposti e molte Amministrazioni che hanno comunque prorogato i contratti lo hanno fatto fidandosi di quanto promesso dalla Regione, sia in riferimento al fabbisogno di personale (è stato garantito il ricorso futuro alla mobilità tra Enti per assicurare la ricettività delle piante organiche), che con riferimento alle risorse finanziarie.

 


L’obiettivo dichiarato è arrivare alla stabilizzazione dei lavoratori facendoli approdare ai contratti a tempo indeterminato, così come prevede esplicitamente il decreto legislativo n.75 del 25 maggio 2017. L’altra faccia della medaglia, però, è rappresentata dal fatto che una mancata stabilizzazione dopo 36 mesi di lavoro precario, cioè tre anni con contratto a tempo determinato, apre la strada ai contenziosi che gli stessi lavoratori possono promuovere nei confronti degli Enti datori di lavoro. Un rischio che i comuni “ribelli” hanno sempre considerato concreto, nonostante le rassicurazioni della Regione.

 


Ora, a dare ulteriore spessore ai loro dubbi contribuisce la posizione del ministero del Lavoro, che, così come è scritto nella risposta, ancora attende riscontri da parte della Regione in merito ai piani di stabilizzazione.
«Ancora una volta sono state confermate le nostre perplessità - ha commentato il sindaco di Arena -, nonostante gli attacchi che siamo stati costretti a subire per esserci opposti a soluzioni improvvisate e prive di una reale copertura normativa». Schinella allude, in particolare, alle parole del segretario vibonese della Cgil, Luigi Di Nardo, che in più di un’occasione non ha esitato a puntare il dito proprio contro i sindaci che si rifiutavano di prorogare i contratti, additandoli come unici responsabili dello stallo.

 


«Non è così - conclude Schinella -. Noi ci siamo limitati a fare le cose con profondo senso di responsabilità, rispettando la legge e sopportando pressioni enormi, che sono diventate ancora più forti durante la recente campagna per fini chiaramente propagandistici. Per noi sarebbe stato senza dubbio più facile prorogare i contratti senza preoccuparsi delle conseguenze, lasciando ad altri il problema di eventuali contenziosi futuri».
Nel Vibonese, oltre al Comune di Arena, le amministrazioni che non hanno prorogato i contratti agli ex Lsu e Lpu sono quelle di Acquaro ( 9 lavoratori), Dasà (8) e Pizzoni (9).