Due proiettili, l’inizio della fine della sua brillante carriera di attore. Dal salotto di Domenica Live, Vincenzo Leopizzi, in arte Lorenzo Crespi, risale alle origini di quello che - a suo dire - è il «complotto» di cui è stato vittima, in maniera strisciante, negli ultimi dieci anni della sua vita. Provato da una grave patologia polmonare e da una «truffa» che lo avrebbe costretto a trascorrere gli ultimi giorni al buio e al freddo nella casa presa in affitto a Roma, l’attore aggiunge particolari inediti al racconto già noto sull’intimidazione subita quando alloggiava all’hotel Santa Lucia di Parghelia, lungo la Costa degli dei. Un racconto in parte già rispolverato dalla stampa nazionale in altre interviste-sfogo che lo stesso Crespi – denunciando le condizioni in cui si sarebbe ritrovato costretto ad affrontare le ultime settimane della sua vita, quindi la solitudine e l’indifferenza sopportate – aveva rilasciato.

I proiettili in albergo

Siamo nel gennaio del 2007, al Santa Lucia di Parghelia giunge una busta chiusa destinata al protagonista di “Gente di mare 2”. Passata per il centro meccanografico di Lamezia Terme, contiene due proiettili calibro 9. L’intimidazione viene subito denunciata ai carabinieri della Compagnia di Tropea. Quattro mesi dopo, ad aprile, Crespi lascia la produzione. L’attore, rivolgendosi a Barbara D’Urso, racconta – particolare inedito – che sarebbe stato protetto addirittura dallo Squadrone eliportato cacciatori, l’élite dell’Arma specializzata nella cattura di latitanti, grazie soprattutto alla sensibilità dell’allora comandante Massimo Deiana. Avrebbe alloggiato blindato e «col terrore» – dice l’artista siciliano al programma Mediaset – nella base del Gruppo operativo Calabria e da allora sarebbe stato camuffato dalle teste di cuoio dell’Arma ogni volta che avrebbe dovuto raggiungere il luogo delle riprese della fiction, accompagnato perfino da «un elicottero a dieci metri d’altezza».

Lo scoop di Tv Sorrisi e Canzoni

La vicenda dei proiettili divenne di dominio pubblico, malgrado, dal salotto di Domenica Live, Crespi sostenga che non abbia avuto alcuna eco sulla stampa nazionale, quando nell’aprile 2007, l’attore svestì i panni del capitano Angelo Sammarco e lasciò il set. Lo scoop fu di Tv Sorrisi e Canzoni, che annunciava la sua sostituzione con Fabio Fulco e spiegava come, alla base dell’addio del bel tenebroso messinese, ci fosse appunto lo spavento per quell’intimidazione dal chiaro stile ‘ndranghetista. Il magazine, d’altro canto, dava voce anche al produttore Carlo Degli Esposti il quale motivava l’addio di Crespi con presunti suoi «gravi inadempimenti».

«La ’ndrangheta ha colpito me per non colpire loro»

«La ‘ndrangheta – dice Crespi – ha colpito me per non colpire loro…». Ma loro chi? Non spiega e la Barbara nazionale non incalza sul punto. E ancora: «A marzo ho scritto una lettera… Ho detto “non è giusto, io faccio l’attore, non c’entro niente con i vostri impicci, non posso morire per un film”». Già, ma quali impicci? Non spiega e Barbara non incalza. Racconta il terrore di quei giorni: «Perché io, per colpa vostra, dei vostri impicci, dei vostri intrallazzi, devo essere vittima di due proiettili e vivere nel terrore per colpa vostra?». Già, ma colpa di chi? E poi, che tipo di impicci? Di intrallazzi? Crespi non spiega e Barbara non va oltre.

Dalle interrogazioni parlamentari alle indagini antimafia

E allora bisogna tornare indietro, fino alla gestazione di una fiction sulla quale la ’ndrangheta, in particolare il potente clan Mancuso di Limbadi e Nicotera, mise subito le mani. Rivelatrici le intimidazioni che si consumarono contro la produzione, rispetto alle quali i proiettili a Lorenzo Crespi costituiscono solo un tassello. Rivelatrici le interrogazioni parlamentari dell’allora vicepresidente della Commissione antimafia Angela Napoli. Rivelatrici, soprattutto, le intercettazioni che a suo tempo mise in campo la Squadra mobile di Vibo Valentia, la cui attività investigativa ritorna d’attualità nel contesto delle misure patrimoniali che la Procura antimafia di Reggio Calabria ha adottato nei confronti dell’imprenditore Nicola Comerci e che hanno colpito il Blue Paradise. Manco a dirlo la struttura ricettiva in odor di mafia che ospitò il grosso della produzione della prima serie “Gente di mare”. La stessa struttura che, negli anni ’90, ospitò – a dire dei pentiti - un summit centrale nella storia del crimine organizzato: quello in cui Cosa nostra si rivolse ai vertici della ‘ndrangheta per sposare la strategia stragista contro lo Stato.

L’intercettazione: la donna, il produttore, la ’ndrangheta

E allora, in che mani fosse finita la fiction, alle forze antimafia era chiaro sin dall’inizio delle riprese. Risaliamo quindi ad un anno prima dell’intimidazione di cui fu vittima Crespi. Era il 24 gennaio 2006, uffici della Squadra mobile di Vibo Valentia. L’ispettore capo Giovanni Catanzaro, l’ispettore Raffaele Landri e l’agente scelto Fabio Costabile ascoltavano una conversazione ambientale. C’era una donna, appartenente alla produzione della fiction, che al tempo – almeno secondo gli atti giudiziari - sarebbe stata strettamente legata da un vincolo sentimentale ad uno dei più potenti boss del clan Mancuso. La donna dialogava con un pezzo da novanta delle produzioni Rai. La conversazione partiva da alcuni commenti sugli attentati che si stavano consumando in quel periodo nel Vibonese. Poi la donna, riferendosi verosimilmente a come la malavita intendesse gestire l’affare “Gente di mare”, spiegava: «Questi fanno l'asso piglia - inc.le -capito!». E poi: «Però voglio dire tu porti un attore come Crespi, un'attrice come la Mosella la... cioè... li c'è un centro benessere, gli vanno a fare un trattamento cioè si sentono coccolati capito! Dovrei capire chi sono queste persone che hanno chiamato...». Conversazioni d’interesse investigativo, che però posero una serie di domande senza risposte. La prima: erano gli attori a dovere essere coccolati o destinarli a certe strutture era una coccola per altri?

L’hotel un po’ dei Piromalli e un po’ dei Mancuso

Alcune certezze, però, sin l’8 marzo del 2006, in una sua nota, l’allora dirigente della Squadra mobile di Vibo Valentia Rodolfo Ruperti, attuale capo della Squadra mobile di Palermo, le mise nero su bianco. Intanto la destinazione di tutto il personale della fiction: «La struttura a cui si fa riferimento, il “Blue Paradise” è di proprietà di Comerci Nicola, personaggio legato alla cosca mafiosa dei Piromalli di Gioia Tauro e molto vicino a Francesco Mancuso. Inoltre la predetta struttura, nel periodo che ha ospitato la troupe, era sottoposta a confisca a seguito di provvedimento del Tribunale di Reggio Calabria Ufficio Misure di Prevenzione».

Crespi arrestato e subito scagionato

E Lorenzo Crespi? La sua esperienza nella fiction non fu certo fortunata sin dall’inizio. Nel giugno del 2005 l’attore finì addirittura in arresto (ma venne poi subito scagionato) per la presunta aggressione a un camionista che avrebbe consumato a Villa San Giovanni assieme a quelli che la stampa definì «due amici». Uno di questi era Costantino Comito e il pestaggio, secondo la ricostruzione che poi non ebbe riscontro giudiziario, avvenne in seguito a qualche parola di troppo che lo stesso camionista avrebbe rivolto proprio a quella donna allora sentimentalmente legata ad uno dei boss dei Mancuso. Lo stesso Costantino Comito è il fratello di Gaetano, più volte coinvolto in vicende giudiziarie per reati di mafia e per i suoi legami con gli stessi Mancuso, e finito al centro delle informative della Squadra mobile di Vibo Valentia, per aver «svolto compiti tecnico logistici» ed aver addirittura «preso parte ad alcune riprese».

L’uomo del clan e il carabiniere corrotto (e prescritto)

«Gaetano Comito – spiegò sentito a verbale il big della produzione Rai già intercettato dalla Squadra mobile – era stato addirittura assunto dalla Palomar (società di produzione della fiction, ndr)». E ancora: «Fondamentalmente aveva le mansioni di autista oltre ad aiutarci sul set in generale. Ha effettuato anche una piccola parte nella fiction interpretando il ruolo di un contrabbandiere. Frequentava il set assiduamente anche un loro amico, Maurizio Giliotta, maresciallo dei carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia che ha anche effettuato una parte nel film». Il maresciallo Giliotta fu condannato in primo grado a 5 anni di carcere per corruzione aggravata dall’aver favorito il clan Mancuso, il reato fu dichiarato prescritto in appello.

Non è un una vicenda da riviste patinate

Fu un anno tormentato il 2006, con le forze dell’ordine ad assediare la prima serie di “Gente di mare”. Le cose, con la seconda serie, cambiarono. Forse troppo. Hotel, location, comparse, service. E attraverso due proiettili all’attore protagonista della fiction, la ‘ndrangheta fece intendere che non gradì. Fu questo a segnare – come lascia intendere oggi l’interessato – la fine della carriera di Lorenzo Crespi? Questo l’origine del complotto? Più che un affare da riviste patinate e salotti tv, appare una vicenda da magistratura antimafia.

 

Pietro Comito