«Mia figlia mi ha salvata. Ho preso consapevolezza di dovere fare qualcosa nel momento in cui l’ho vista con il volto pieno di sangue. Suo padre l’aveva presa pugni in faccia. In quel momento ho rivissuto tutti i maltrattamenti che in tanti anni avevo subito io. Ho capito di dovere reagire per uscire da quel tunnel di violenza. Non volevo che anche lei vivesse quell’incubo. Così ho detto basta».

In un attimo sua figlia ha fatto da specchio ad anni di violenza, annientamento e sudditanza psicologica, ad una vita di terrore nella quale inconsapevolmente aveva trascinato anche i suoi figli.

Così una donna, che con un nome di fantasia chiameremo Vittoria e che generosamente ci fa dono della sua storia, afferma: «Mia figlia mi ha aperto gli occhi, dandomi la lucidità per capire. È stato allora che finalmente ho scelto i miei figli e me».

Non ha dubbi, dunque, che sia stata la figlia a salvarla ad aprire quel prezioso varco di luce e consapevolezza dal quale passare per uscire dal tunnel della violenza e confidarsi con un’amica, rivolgersi al centro antiviolenza Angela Morabito Piccola Opera Papa Giovanni di Reggio Calabria e qui, con il sostegno di altre donne, ricominciare. Confidarsi, capire di avere bisogno di aiuto e sapere a chi chiederlo e poi farlo. Passi difficili ma decisivi.

Così ripercorre anni di maltrattamenti fino a quel punto di non ritorno, descrivendo il dramma diffuso di tante, troppe donne, il cui aggressore è nella loro stessa casa, tra quelle mura domestiche che diventano una prigione.

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