Il testimone di giustizia di Catanzaro e la sua famiglia vivono sotto protezione da 12 anni, da quando denunciò la ‘ndrangheta. Il 15 ottobre scorso la comunicazione della prefettura
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«Lo Stato chiede di denunciare, poi ti abbandona». È l’amara considerazione di Pino Masciari, il testimone di giustizia di Catanzaro che 12 anni fa denunciò la ‘ndrangheta e dopo 12 anni si è visto revocare la scorta. Una decisione comunicatagli nella giornata di ieri da parte della prefettura di Torino, datata 15 ottobre, che lo informa che l’Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale «ha dato avvio al procedimento finalizzato alla revoca del dispositivo tutorio».
«Il 15 ottobre scorso io, mia moglie e i miei figli – scrive Pino Masciari - abbiamo ricevuto la notifica dell’avvio del procedimento amministrativo finalizzato a sospendere le misure tutorie nei nostri confronti. Le modalità comunicative e il contenuto della missiva hanno rivelato una lampante non curanza di ciò che abbiamo vissuto e continuiamo a vivere in seguito alle mie denunce. Non conosciamo le motivazioni di tale decisione, al contrario ci è stato chiesto di fornire eventuali documenti o notizie in nostro possesso che possano permettere una rivalutazione del provvedimento».
Masciari all’epoca della denuncia era un imprenditore edile e viveva a Catanzaro insieme alla sua famiglia. Dopo la sua testimonianza è stato dapprima sottoposto a programma speciale di protezione dal 1997, insieme alla moglie, medico odontoiatra, e ai due figli. Dal 2010, fuoriuscito dal programma speciale di protezione, ha vissuto sotto scorta.
«Ho denunciato – si legge nella missiva - intaccando il sistema ‘ndranghetistico, colpendo le famiglie considerate tra le più potenti delle province calabresi: gli Arena di Isola Capo-Rizzuto, Trapasso-Scerbo di San Leonardo di Cutro e Cutro, i Cossari di Borgia, i Sia di Soverato, i Procopio di Davoli, i Lentini di San Sostene, i Mazzaferro di Gioiosa Ionica, i Codispoti di S. Andrea Apostolo dello Ionio, i Procopio di Satriano, i Vallelonga-Franzè di Caulonia-Mammola, i Pisano di Mongiana, i Vallelunga detti “Viperari” di Contrada Ninfo-Serra San Bruno. Ho portato alla luce numerosi esempi di collusione con la pubblica amministrazione, permettendo anche la condanna per concussione di un alto magistrato, consigliere di Stato».
«Le valutazioni sulla pericolosità della ‘ndrangheta – continua Masciari - di queste famiglie in particolare, sono di competenza delle istituzioni e le recenti relazioni della Dia e le operazioni condotte dalle varie Dda (l’ultima del 18 ottobre scorso ha colpito ancora una volta la famiglia Arena), descrivono un panorama chiaro e tutt’altro che rassicurante. Le mie denunce sono attuali. Il pericolo è concreto! L’egemonia di questi clan ‘ndranghetisti e la mia esposizione a possibili ritorsioni è chiara e non è ammissibile che venga sottovalutata o addirittura ignorata».
«Alla luce di quanto detto ribadisco ancora e pubblicamente che non può in alcun modo essere messo in dubbio il mio diritto, unitamente a quello dei miei familiari, di continuare ad usufruire della scorta: è per noi una concreta necessità dovuta al rischio che viviamo incessantemente a causa dell'oggettivo, palese e ostentato potere che tutt’oggi detengono le cosche e il sistema da me denunciati».
«Voglio credere e sperare che – conclude Masciari - consapevole di tutto ciò, lo Stato non ci volti le spalle e tenga conto che il valore della mia scelta e il pericolo al quale mi ha esposto, non sono mai venuti meno e sono ancora concreti e attuali. Non sarebbe accettabile dopo eventi irrimediabili sentirsi dire che si è fatto un errore di valutazione, perché il rischio c’è ed è sotto gli occhi di tutti: io ne ho ribadito la concretezza più volte, in tutte le sedi opportune».