Quello che doveva essere un affare si è trasformato in un gran brutto affare, almeno per il regista Gabriele Muccino e per la casa di produzione Viola Film. Al centro del contendere c'è il famoso corto sulla Calabria commissionato da Jole Santelli lo scorso giugno. Per assoldare l'autore de "L'ultimo bacio" la Regione aveva stanziato 1 milione e seicentomila euro (compresi i costi di produzione) aspettandosi un ritorno d'immagine effetto wow. Purtroppo le cose hanno preso tutt'altra piega. A distanza di sette mesi dall'ultimo ciak, quell'opera è scomparsa completamente da ogni radar. E un motivo c'è. Come anticipato ieri, la Regione ha deciso di non pagare il dovuto alla produzione e per un motivo semplice: Muccino ha pubblicato, senza autorizzazione, il corto sul suo canale Vimeo creando un danno al committente. E così, dallo schermo alle carte il passo è stato brevissimo.

No comment

La società di produzione, Viola Film contattata da LaC si è trincerata dietro un incerto un «non so» che odora di no-comment. Muccino invece, informa la sua agenzia, è troppo occupato dalle riprese di una serie tv per poter rilasciare dichiarazioni in merito. Nonostante il silenzio delle parti certo è che nessuno è disposto a cedere.

Di ingoiare il rospo, la casa di produzione, non ci pensa nemmeno e, davanti alla fattura tornata al destinatario senza argent, pare che la Viola sia passata al contrattacco inoltrando una diffida di pagamento alla Regione. Un muro contro muro, probabilmente anche frutto delle polemiche e dei tanti feedback negativi arrivati dopo la visione del corto. Probabilmente anche tra gli stessi promotori (e sostenitori) del lavoro di Muccino c’è stato qualche scontento.

L’embargo romano

A quanto pare, per i legali della Cittadella, l’appiglio per non sborsare il milione e seicentomila euro dovuto, c’è eccome: il committente del video si sarebbe riservato il diritto di diffusione che Muccino avrebbe violato postando per intero il corto sul suo canale Vimeo. Gli accordi erano chiari tanto che, durante la prima a Roma, per mantenere la riservatezza sull’opera, che era destinata a un circuito festivaliero e a un debutto al pubblico in pompa magna, agli invitati era stato fatto divieto di riprendere con i cellulari le immagini.

Tra Topazio e Chernobyl

“Calabria, terra mia” è un esempio di magia in perfetto stile Houdini, prima incantenato nelle polemiche in fondo al mare del web e poi, incredibilmente, sparito. Ma non semplicemente sparito, proprio disintegrato, come se mai fosse esistito. Doveva essere il video-manifesto della Calabria del prossimo quinquennio nelle intenzioni iniziali dei vertici regionali e, nei quattro tagli di timing previsti, avrebbe dovuto fare il giro delle principali emittenti nazionali con un occhio anche al mercato internazionale (che, come ribadito più volte dai promotori, era quello di riferimento). Invece niente. Il video è rimasto fermo ai box e, probabilmente, lì rimarrà a prendere polvere.

Un soggetto di Santelli

Il corto è stato scritto da Jole Santelli, da sempre appassionata di cinema, che voleva come colonna sonora un brano della Bertè (ma i costi legati ai diritti pare fossero troppo alti) e proposto a Muccino che, sposata subito l’idea, imbastì la sceneggiatura sulla visione del presidente. L’idea era quella di raccontare la Calabria attraverso i suoi prodotti tipici, tanto che erano già previsti, nel piano originario, altri video da commissionare a registi di fama internazionale.

C’eravamo tanto amati

Da quel giorno di ottobre, in cui la giunta al gran completo s’è presentata in platea per applaudire il debutto alla Festa del cinema di Roma (quando l’idea di una battaglia legale era lontana anni luce), il destino di “Calabria terra mia” si è avviato verso una selva oscura. Promuovere un film oggetto di contenzioso appare complicato ma anche se a qualcuno venisse l’idea comunque di sfruttare il corto, ci vorrebbero non meno di due milioni di euro per acquistare spazi televisivi nazionali. E la domanda è: ne vale davvero la pena?

Alla notizia dello scontro tra soggetti prima legati da amorosi sensi (così sembrava) qualcuno ha commentato: «A pensare che è gratis quasi quasi diventa pure bello».