All’indomani del blitz anti-ndrangheta che ha fatto luce su un giro di estorsione e sulla gestione del cimitero di Locri, dalle inferriate del campo santo ha iniziato a sventolare una bandiera tricolore. L’aria che tira tra gli avventori mattinieri ha il sapore della liberazione, al di là di simboli e metafore, anche davanti alle telecamere. La sensazione è che le denunce del sindaco Calabrese abbiano aperto la strada ad una voglia locrese di esporsi pubblicamente sul tema, un primo importante passo verso la normalità. «Per me è un sogno – afferma uno dei tanti emigrati di ritorno beccato all’ingresso del cimitero - vivo tutta un’altra realtà fuori da qui e delle tombe abusive non ne sapevo nulla».

 

In città le luminarie annunciano periodi di festa, le strade del sabato mattina di agosto sono semi-deserte, ma quello che sorprende è che l’argomento ‘ndrangheta tra i cittadini stia diventando piano piano meno tabù del previsto. «Mi avevano proposto di farmi costruire una tomba e che avrebbero trovato il loculo – ci dice un passante sul corso - ma sono già sistemato sia qui che lì…» mentre per l’avvocato penalista Pino Mammoliti: «La città sarà davvero libera se oltre alle risorse militari riuscirà a disporre di risorse sociali capaci di prevenire tali fenomeni».

 

 

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