Gotha, il pentito Chindemi rivela un retroscena sul rogo che distrusse il circolo Posidonia. «Fu Cartisano “Naos” ad appiccare le fiamme, c’era materiale cartaceo che lo Stato non doveva acquisire»
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«L’incendio dell’ex ristorante Fata Morgana fu appiccato da Carmelo Cartisano “Naos”. Lo vide mio fratello Pasquale tramite le telecamere del bar “Snoopy”. Il motivo? Mi disse che dentro c’era del materiale cartaceo che doveva andare bruciato e che lo Stato non doveva acquisire».
È il pentito Mario Chindemi a deporre al processo “Gotha”. Il collaboratore di giustizia, che ha saltato il fosso iniziando a parlare con i magistrati pochi mesi addietro, ha raccontato un episodio piuttosto eloquente che concerne quello che fu l’ex quartiere generale dell’avvocato Paolo Romeo e del suo circolo “Posidonia”. Il rogo, avvenuto nell’ottobre di due anni fa, distrusse praticamente tutto ciò che vi era all’interno. Le fiamme divorarono tutto quanto. Oggi, il collaboratore di giustizia narra che quello fu un atto volto a distruggere eventuali prove cartacee.
Il pentito ha anche narrato come, all’interno delle cosche di Gallico, vi fossero delle frizioni interne relative alla spartizione dei soldi presi per i lavori sull’autostrada.
La figura di Paolo Romeo
Secondo il collaboratore, l’avvocato Paolo Romeo, oggi imputato nel processo “Gotha” ed accusato di essere al vertice della cupola massonico-mafiosa reggina, «è un personaggio massonico che aveva molta presa su Gallico». Il pentito rivela addirittura che Romeo, nel tempo, avrebbe acquisito informazioni negli uffici del Comune di Reggio Calabria, relativamente alle ditte incaricate di effettuare i lavori su Gallico, per poi passare tali informazioni a Cartisano. Il successivo passaggio delle cosche era quello di far entrare le ditte loro all’interno dei lavori o di chiedere il 5% dell’introito. «Romeo – ha sintetizzato Chindemi – dava informazioni preventive che poi altri gestivano».
Il fratello di Chindemi, Pasquale, ucciso nel 2018 a Gallico, non aveva una buona opinione dell’avvocato Antonio Marra. A giudizio del fratello del collaboratore, il legale faceva «un “leva e porta” fra Stato ed esponenti della ‘ndrangheta. Per questo non si fidava di lui. Lo evitava quando lo incontrava. Mio fratello, invece, era molto soddisfatto dell’operato dell’avvocato Romeo, mi aveva raccontato che questi era molto vicino ai De Stefano».
La voglia di vendetta
Chindemi ha poi parlato del momento immediatamente successivo all’omicidio del fratello Pasquale. «Sul territorio di Gallico non cambia nulla, ma noi volevamo vendicare Pasquale. Paolo si è preso molta responsabilità con l’obiettivo di vendicare mio fratello».