Solo lui poteva sanare i contrasti tra le varie articolazioni della famiglia. Solo lui avrebbe avuto il carisma necessario per evitare quello che poi, inevitabilmente, successe, ovvero il bagno di sangue che non risparmiò neppure alcuni tra i broker di fiducia di quello che - nel marzo del 2003 - la Commissione parlamentare antimafia definì come «il clan finanziariamente più potente d’Europa». Gente come Cosma Congiusti, Mimmo Campisi, Salvatore Drommi, VincenzoBarbieri. Ma Luigi Mancuso era recluso al 41bis e doveva scontare ancora diversi anni di galera. Solo in seguito sopraggiunse un incidente di esecuzione che consentì al superboss di tornare libero. La “famiglia”, però, affinché lasciasse il carcere era pronta a pagare.

La vita e la morte

Agli atti dell’inchiesta colossal Rinascita Scott è allegato un prezioso carteggio che contiene alcune clamorose rivelazioni di Bruno Fuduli, ovvero l’ex infiltrato lungo le rotte del narcotraffico poi scardinate dal Ros grazie alla maxoperazione Decollo. La storia da fiction di Fuduli è nota: da impavido ausiliario di polizia giudiziaria che consentì alla Dda di Catanzaro di recuperare tonnellate di cocaina e mettere a segno centinaia di arresti, poi, dicendosi tradito dallo Stato, si mise a fare egli stesso il broker tra ’ndranghetisti e narcos, finendo irrimediabilmente in arresto. Cinque anni dopo, non reggendo al peso di un'esistenza segnata dalla sua doppia identità, si tolse la vita: correva il novembre del 2019, un mese prima di Rinascita Scott.

«Sandro» chiama «Mauro»

È il marzo del 2014. Fuduli, già finito in seri guai per effetto dell’operazione Overloading, qualche tempo dopo essere stato scarcerato contatta la Sezione anticrimine del Ros di Catanzaro. Si presenta con il suo nome in codice nell’indagine Decollo: «Sandro». Chiede di parlare con «Mauro», altro nome in codice, è quello del sottufficiale dell’Arma che in quell’inchiesta da action movie, fatta di trattative, voli transoceanici, viaggi estenuanti nelle selve sudamericane, era stato la sua ombra. Ma «Sandro», per il Ros, dopo essere passato dall’altra parte della barricata, non esiste più: ora è semplicemente un ex collaboratore di giustizia sotto processo per narcotraffico. Quello che ha da dire però sembra importante, così Mauro registra la conversazione e informa tempestivamente la scala gerarchica e la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.

L’incontro sotto un ulivo

Il Ros, così, invia uno dei suoi ufficiali di punta e lo stesso Mauro in provincia di Piacenza, dove si trova Bruno Fuduli. Lo interrogano. Racconta che, poco prima che la Guardia di Finanza lo arrestasse nella maxioperazione Overloading, aveva incontrato un certo «Salvatore detto “Pancione”», latore di un messaggio inviatogli da Cosmo “Michele” Mancuso, uno dei boss di Limbadi, esponente della cosiddetta «dinastia degli undici», ovvero gli undici fratelli divenuti il perno dell’omonimo potente casato ‘ndranghetista. Fuduli accettò d’incontrare il capomafia, lontano da occhi indiscreti, sotto un albero d’ulivo tra le campagne di Motta Filocastro e Moladi. Michele Mancuso riteneva l’ex infiltrato, malgrado i suoi guai giudiziari, un uomo vicino ai servizi segreti. Gli offrì 50.000 euro in dono: il compito di Fuduli sarebbe stato quello di trovare un avvocato in grado di fare uscire dal carcere suo fratello, l’unico - dice il testimone ai due militari del Ros - «in grado di dirimere degli screzi esistenti all’interno della famiglia Mancuso stessa». Il boss, poi, prometteva altri soldi a liberazione avvenuta, assicurava inoltre l’apertura di altri canali per l’importazione di cocaina e, infine, «la possibilità di partecipare a summit con altre famiglie per gestire tali importazioni». Aggiunge: «Preciso che l’incontro è avvenuto intorno ai mesi di ottobre e novembre 2010».

Il superboss: la liberazione anticipata

Il 2 dicembre 2010, però, scattava l’operazione Overloading: 76 fermi e allora faceva più eco la cattura di Bruno Fuduli che non il nome di un ufficiale dei carabinieri tra gli indagati sottoposti a fermo. Fuduli sarebbe stato scarcerato solo il 27 giugno del 2013. E nel frattempo Luigi Mancuso, il 21 luglio del 2012, tornò comunque in libertà. Libero grazie ad un incidente di esecuzione davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Messina. Era stato detenuto ininterrottamente dal 3 giugno del 1993. Visse dodici anni, tra il 1998 e il 2010, in regime di carcere duro. Doveva scontare ventuno anni di reclusione per effetto della sentenza al maxiprocesso Tirreno, a cui andavano aggiunti altri diciannove per la condanna nel maxiprocesso Countdown. Alla fine, in seguito ad una serie di ricorsi in Cassazione e al pronunciamento dei giudici di Messina, fu scarcerato con larghissimo anticipo.

La strana richiesta di Peppone

Fuduli – agli uomini del Ros di Catanzaro – racconta anche altro. Dei suoi incontri con due pezzi da novanta della mala vibonese. Uno di questi, Peppone Accorinti, gli avrebbe offerto soldi, l’opportunità di imbastire nuovi affari illeciti e, soprattutto, gli fece una richiesta davvero particolare: testimoniare in un processo a carico della cosca Soriano per screditare un collaboratore di giustizia. Bisognava, in pratica, fare un favore ai Soriano. È però noto che tra gli Accorinti di Zungri ed i Soriano di Filandari non corra buon sangue. Ad Accorinti - in Rinascita Scott - si imputa il concorso nell’omicidio e nell’occultamento del cadavere di Roberto Soriano. Mentre uno dei più recenti collaboratori di giustizia, Bartolomeo Arena, sostiene che «Leone Soriano vive per uccidere Peppone Accorinti». E allora perché richiedere un favore così singolare?In quell’interrogatorio piacentino con i carabinieri del Ros, l’ex infiltrato spiega anche di sapere dove di trova il superlatitante Joseph Bruzzese, riparato in Brasile per sfuggire alla cattura e al processo Overloading.

«A qualsiasi prezzo»

Il verbale si chiude. Il Ros aveva già avviato l’inchiesta Rinascita che - cinque anni dopo - porterà il pool di Nicola Gratteri ad una delle operazioni più vaste nella storia del contrasto al crimine organizzato. Trascorre qualche mese e i vertici della Sezione anticrimine di Catanzaro tornano in missione nel Piacentino e riascoltano Fuduli. Dà nuovi dettagli sulla latitanza di Joseph Bruzzese, poi racconta di nuovi traffici di droga. E sulla scarcerazione di Luigi Mancuso ripete che la famiglia era «disponibile a pagare qualsiasi cifra di denaro destinata a qualsiasi personaggio in grado di farlo uscire». Nell’interrogatorio viene fuori anche il nome di un penalista. Il professionista (non indagato in Rinascita Scott) - dice Fuduli - gli era stato indicato come «in contatto con altri esponenti della massoneria, della politica e del mondo dell’avvocatura».

Una traccia, l’ultima lasciata da un uomo che, togliendosi la vita, ha forse portato con sé chissà quali altri segreti inconfessati.

 

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