«Lei inizia a vomitare contro il mio assistito nel 2020 con dichiarazioni evanescenti».
Risposta: «Io non parlo dopo quattro anni ma dopo 30 secondi con il colonnello. Con la Dda ne parlai immediatamente».
La vicenda è importante, delicatissima, il dialogo vivace, non privo di bordate da ambo le parti tanto da richiedere l’intervento del presidente del collegio.
Nell’aula bunker di Lamezia Terme si svolge, nell’ambito del processo Maestrale, il controesame di Andrea Mantella, ex boss scissionista di Vibo Valentia che oggi è stato sentito dall’avvocato di Salvatore Staiano, difensore di Salvatore Ascone, accusato di essere intraneo alla cosca Mancuso, vicino in particolare a Diego Mancuso. Ascone è anche accusato, davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro, di avere concorso nell’omicidio di Maria Chindamo, imprenditrice di Laureana di Borrello scomparsa il sei maggio 2016, all’età di 42 anni.

Ascone tirato nella vicenda Chindamo nel 2020. Risposta: «Parlai immediatamente»

La difesa di Ascone sostiene, attraverso una serie di domande, che Andrea Mantella, che collabora con la giustizia da maggio 2016, abbia tirato Ascone dentro la vicenda Chindamo quattro anni dopo i fatti, nel 2020 rispondendo alla precisa domanda degli investigatori: «Lei cosa sa di Maria Chindamo?»
Mantella nega decisamente questa tesi sostenendo di avere appreso la notizia della scomparsa della donna mentre si trovava in una caserma, di avere pensato «con un magone alla gola “cacchio, se la sono mangiata a questa poveraccia”» e di avere chiesto di parlare con il colonnello. «Con la Dda parlai immediatamente», dice il collaboratore.

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Diego Mancuso e i terreni di Maria Chindamo

La difesa ribatte con un verbale del 12 aprile 2023 che Mantella ha tenuto davanti al pm Annamaria Frustaci, del quale Staiano legge lo stralcio di una dichiarazione del 18 ottobre 2016 di Mantella che dice: «Con riferimento alla vicenda relativa alla scomparsa di Maria Chindamo non so nulla di preciso essendo stato in carcere dal 2011. Qualche anno fa mentre mi trovavo detenuto a Viterbo, Diego (Mancuso, ndr) mi parlava di questa imprenditrice e del fatto che Pantaleone Mancuso detto Vetrinetta, si stava accaparrando i suoi terreni e che quando sarebbe uscito lui doveva mettere a posto questa situazione».
«Non c’è un solo riferimento ad Ascone», grida l’avvocato il quale sostiene che Mantella abbia reso su Ascone dichiarazioni che sono «tardive, postume e assolutamente insostenibili».
Ma Mantella ribatte che con «nulla di preciso» intendeva dire che «non so che fine ha fatto Maria Chindamo (il cui corpo non è stato mai ritrovato, ndr), se l’hanno distrutta o altro. Nel momento in cui l’ufficio di procura ha sentito necessità di approfondire ha approfondito».

Gli insulti a Maria Chindamo

Mantella afferma di avere appreso della vicenda Chiandamo dallo stesso Diego Mancuso, in un momento in cui erano detenuti insieme. Dice di avere assistito a una telefonata in carcere «non autorizzata, mentre io facevo la guardia nelle docce». Diego Mancuso, sostiene il collaboratore, era adirato contro suo zio Luigi Mancuso perché gli stavano prendendo i terreni e in quella occasione esternò una serie di epiteti offensivi e irripetibili contro Maria Chindamo.

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I terreni di Ascone

L’accusa lavora, per minare la credibilità del collaboratore, presentendo una serie di verbali. Oggi Mantella dice che i terreni di Ascone si trovano, come gli ha raccontato Diego Mancuso, difronte a quelli di Maria Chiandamo. Ma nel 2020, davanti al procuratore Camillo Falvo ha dichiarato di non sapere dove si trovassero i terreni.
«Evidentemente non lo ricordavo», risponde Mantella.

Il rapporto con i lametini

Mantella ha dichiarato di avere appreso, quando ancora non era un collaboratore, notizie su Ascone dalla cosca lametina dei Giampà con la quale aveva rapporti di parentela. Ne parlò con l’attuale collaboratore Giuseppe Giampà, figlio di Franco Giampà, detto il Professore, e con Aldo Notarianni. Giuseppe Giampà nel 2003/2004 gli parlò di traffici di droga che coinvolgevano Salvatore Ascone.
«C’è un momento in cui i lametini non parlano più con lei?», chiede il difensore.
Mantella sostiene di avere sempre avuto un rapporto stretto coi lametini con i quali ha condiviso anche gravi delitti: «Abbiamo attentato alla vita di Pulice, di Gagliardi…».
L’avvocato Staiano ribatte che «c’è un soggetto che dice che per una ragione importantissima i lametini l’hanno abbandonata».
Una informazione sulla quale la difesa non scopre del tutto le carte. Mantella nega questo dato e si prodiga in una lunga filippica sulla inaffidabilità degli ‘ndranghetisti, pronti a tradire chiunque senza scrupoli.

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Staiano: «Vengo minacciato ad ogni udienza»

A questo punto il difensore si congeda. Mantella e Staiano hanno un rapporto, sostiene il collaboratore, che risale al periodo in cui Mantella ancora non aveva saltato il fosso. Oggi il pentito, in un altro procedimento che si discute davanti al Tribunale di Catanzaro, accusa Staiano e altri imputati di falsi certificati medici per far evitare il carcere ai detenuti. Mantella, nel corso dell’udienza di questa mattina, ha esternato frasi come: «Devi stare attento quando ti trovi davanti a Staiano», definendolo anche «incantatore di serpenti».
Al termine del controesame Mantella si è congedato augurando all’avvocato «una buona estate» e aggiungendo, circa le condizioni di salute del difensore, «vedrà che andrà tutto bene».
Parole intese come una «minaccia» da Salvatore Staino che ha chiesto la trasmissione dei verbali e della fonoregistrazione alla Procura distrettuale, al consiglio dell’ordine, alle camera penale, al servizio di protezione centrale e alla Corte d’Appello di Catanzaro.
Staiano sostiene di non avere paura delle esternazioni di Mantella ma che «fa spavento una frase del genere detta da un killer. E sono stanco di essere minacciato ad ogni udienza».