All’Olimpico si può tentare, a Torino invece no: ci sono i «paesani». Le mani sono già salde su San Siro ma i calabresi vorrebbero estendere il business anche ad altri stadi. Il protagonista del tentativo è Giuseppe Caminiti, 45enne re dei parcheggi al Meazza, in stretto rapporto con Giuseppe Calabrò ‘u Dutturicchio, figura legata ai clan calabresi di stanza a Milano.

Caminiti, intercettato dalla Squadra mobile di Milano, racconta che «Beppe (cioè Calabrò, ndr) quando gli aveva paventato la volontà di acquisire anche la gestione dei parcheggi dello stadio di Torino, aveva immediatamente cassato il progetto poiché erano già gestiti da un’altra famiglia calabrese, i Belfiore». Il ras dei parcheggi fa ricorso all’araldica mafiosa per spiegarsi meglio: «Ti dico la verità, mi volevo prendere il parcheggio dello stadio di Torino, che ci sono… c’è la famiglia Belfiore, che sono di San Luca e sono forti anche a Torino, hai capito?».

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Calabrò, davanti alla richiesta avrebbe risposto: «Pinuccio tieniti questo... perché... perché prendere... andare a tirargli via il mangiare ad altre persone». Il re dei parcheggi ha, però, mire espansionistiche. A Milano esibisce contratti con un uomo vicino alla famiglia mafiosa dei Fidanzati, palermitani di Cosa nostra, e contratta un ex della banda di Vallanzasca per un affare di droga.

Le sue speranze di allargare il business sono puntate innanzitutto su Roma: «I parcheggi son tanta roba eh! Gliel'ho fatto prendere io l'appalto... il sottoscritto è stato. Come il sottoscritto è stato, se piglia Roma e tutti gli altri». D’altra parte è sempre Caminiti a ribadire che «dietro lo stadio c'è un business della madonna! È una carta d'identità, è una carta, un passepartout per qualsiasi altra cosa. Hai capito? Poi loro cosa fanno... dal parcheggio pigliano i servizi delle pulizie... dalle pulizie pigliano la gestione ristoranti... dai ristoranti si pigliano la Curva... pigliano tutto!».

Non è un caso che anche altre Procure antimafia abbiano acceso i fari sugli appetiti della criminalità organizzata sugli stadi italiani: Milano, Roma, Genova, Napoli. Caminiti sa che il business è redditizio ed è pronto a tutto per tagliare fuori la concorrenza: «Li ammazzo come i cani se mi toccano... io ho fatto la guerra per prendere lo stadio. Non hai capito un c….: gli ho detto “vi metto a tutti al muro”». Parole che restituiscono la tensione che si percepisce attorno a San Siro. Ancora più inquietanti alla luce della nuova accusa che grava su Caminiti, sospettato di aver ucciso Franco Borgioli, luogotenente di Francis Turatello nel 1992.

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I modi nei confronti degli eventuali concorrenti sono più che sbrigatici: «Appena sappiamo chi c’è nella gara (quella per la gestione dei parcheggi, ndr) io vado e gli dico “ascolta, giovanotto, fai una bella cosa… vuoi goderti la tua famiglia? Vuoi stare tutto il giorno con il pensiero che ti arriva una pallina nella testa?» o preferisci toglierti dal c…?».

Nei giorni in cui queste parole vengono captate dagli inquirenti, nasce il progetto della scalata all’Olimpico: «Abbiamo la possibilità, per quanto riguarda Roma… stadio! Non è difficile… per quello ti dico: ho bisogno di parlare con te. Se te lo dico è perché (due contatti che sono in compagnia di Caminiti, ndr) sono molto vicini a tutto lì a Roma».

Il progetto è quello di replicare il modello Milano anche nella Capitale: «Se noi riusciamo, noi abbiamo fatto bingo… con Roma... abbiamo fatto centodieci e lode».

«Nel corso dell’incontro – appuntano gli investigatori – nasceva il progetto di una possibile acquisizione della gestione dei parcheggi dello stadio di Roma». È nello studio di Gherardo Zaccagni, imprenditore titolare della ditta che gestisce i parcheggi a San Siro che vengono «poste le basi del progetto “parcheggi Roma”». Qualche mese dopo, Caminiti – sempre intercettato ­– sottolinea che «col suo intervento, Zaccagni si era garantito anche la gestione dei parcheggi di Roma, operazione resa possibile» anche grazie a un uomo, «con cui aveva trascorso un periodo di carcerazione anche in compagnia di Giuseppe Calabrò»: «... così ha fatto la storia di Roma... omissis... del Coni». Rivelazioni al confine della millanteria. Di certo Caminiti e il suo nume tutelare Calabrò avevano mire altissime.