«Con questa indagine abbiamo disarticolato la componente militare delle cosche di Isola Capo Rizzuto e San Leonardo di Cutro». Lo ha detto il direttore della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, Francesco Messina, nel corso della conferenza stampa tenuta alla Questura di Crotone per illustrare i dettagli dell'operazione Golgota condotta dalla Dda di Catanzaro contro le cosche Arena-Nicoscia e Mannolo.

L’inchiesta Golgota

L’inchiesta ha portato a 36 arresti e 67 persone indagate. L'attività investigativa avrebbe fatto emergere l’operatività di diverse associazioni criminali sul territorio crotonese dedite al traffico illecito di sostanze stupefacenti in grado di muovere decine di chili di droga per tutta la penisola; ma soprattutto di ricostruire uno spaccato di “storia criminale” della provincia degli ultimi anni corredata da alleanze, rivalità e cambi di strategie. Inquietante si è rivelata, poi, la capacità degli indagati di acquisire informazioni sulle indagini in corso e le operazioni in procinto di essere compiute come si comprendeva dalla viva voce degli stessi. Le 36 persone arrestate questa mattina sono accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsioni, porto e detenzione illegale di armi e munizioni nonché associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.   

«L’oppressione militare delle cosche»

Il direttore del Dac, riprendendo le parole del procuratore Gratteri, ha ribadito la necessità di «pensare ad una massiva attività repressiva per eradicare il fenomeno da questo territorio che è la culla della ndrangheta. Quella di oggi dimostra che siamo sulla strada giusta per liberare il crotonese dall'oppressione militare delle cosche».

Clan in affari non in guerra 

Il direttore del servizio centrale operativo della Polizia di Stato, Fausto Lamparello, ha invece sottolineato come dall'attività investigativa sia emerso che «le cosche non si fanno più la guerra ma hanno attivato un patto federativo grazie al quale si dividono gli affari».

Dopo il questore di Crotone, Massimo Gambino, che ha elogiato il lavoro svolto dai suoi uomini, è stato il dirigente della squadra mobile di Crotone, Nicola Lelario, ad entrare nei particolari: «In questa indagine abbiamo visto svolgersi un romanzo criminale con gli intrecci che svelano alleanze, strategie e mosse delle cosche di Isola Capo Rizzuto e di San Leonardo di Cutro che si spartivano soprattutto il mercato della droga». Lelario ha anche rivelato alcuni particolari del monitoraggio svolto sui Mannolo, «che avevano a disposizione quantità infinite di stupefacenti da distribuire in tutta la provincia di Crotone», anche grazie a telecamere poste sulla collina che domina San Leonardo di Cutro grazie alle quali sono stati viste nascondere armi poi puntualmente trovate dalla polizia.