VIDEO | Tra i soccorritori arrivati sulla spiaggia di Steccato domenica mattina anche Vincenzo Romeo: «Ho visto tante persone comuni fare tanto in silenzio e aiutare. È stato uno sbarco emergenziale»
Tutti gli articoli di Cronaca
«Quando siamo arrivati sulla spiaggia tutto testimoniava la tragedia ancora in atto. Mi hanno colpito le tante persone comuni accorse per dare una mano. Erano sulla spiaggia a scrutare il mare per avvistare e segnalare qualche migrante ancora da salvare. C’era un vento fortissimo e il mare era agitatissimo. Loro con lo sguardo fisso tra le onde, cercavano». Questo il primo racconto di Vincenzo Romeo, medico reggino della Croce Rossa che presta servizio in tutta la Calabria presso l'Usmaf, ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera dipendente dal Ministero della Salute. Si è recato a Crotone, sulla spiaggia nella frazione di Steccato di Cutro, dopo il naufragio dell'imbarcazione in legno con a bordo numerosi migranti. Il numero di vittime, anche bambini, è in continua tragica evoluzione.
Nonostante la sua esperienza di medico che dal 2015 soccorre i migranti dopo difficili traversate, forte è stato l’impatto di questa esperienza. Morire a 150 metri dalla riva, dopo avere superato un viaggio durato intere giornate, annegando in un mare gelido e agitato perché il barcone in legno a bordo del quale si trovavano alla fine ha ceduto, spezzandosi in due e poi andando in pezzi.
Un'operosità silenziosa e dolorosa
«Siamo partiti per Crotone appena appresa la tragica notizia. Siamo stati sul posto del naufragio dove i soccorritori erano ancora in attività. Sentivamo gli elicotteri e poi il silenzio di tante persone che facevano tutto quanto era il loro potere e oltre. Tutti mettevano a disposizione tutto ciò che avevano, mani, occhi e capacità. Un segno di speranza in mezzo a una disperazione infinita. Dal 2015 a oggi ho percorso tutta la regione per prestare attività in occasione di tanti sbarchi ma questa volta tutto era diverso. Una tragedia intollerabile», racconta il medico reggino, Vincenzo Romeo. In occasione degli approdi, come Usmaf, redige un report al Ministero circa le condizioni in cui i migranti arrivano, per individuare eventuali situazioni di allarme per loro e per la collettività.
La tenerezza in fondo alla tragedia
«Siamo stati anche in ospedale dove, con tutte le criticità che conosciamo, il personale si è prodigato per illustrare la situazione. Impegnati già da tante ore, con le lacrime agli occhi, hanno voluto condurci nei vari reparti dove sono stati ricoverati venti migranti che necessitavano di essere ospedalizzati. Un solo ragazzo era in rianimazione per una problematica respiratoria rientrata. Siamo stati anche in pediatria. Fino al momento del nostro giro sei erano i bambini ricoverati. Tra loro una bambina di soli due anni e mezzo. Quando siamo entrati, dormiva. E dormiva come dormono tutti i bambini del mondo, con il pollice in bocca», racconta Vincenzo Romeo.
In mezzo a tanta disperazione fa così capolino una tenera e coraggiosa speranza portata da chi forse è rimasta troppo presto sola al mondo e in un mondo che avrebbe dovuto proteggerla e cullarla. Una speranza che si nutre anche della straordinaria mobilitazione che ha coinvolto anche la popolazione e le comunità circostanti.
Il viaggio tra la vita e la morte
«Ho visto tante persone comuni fare tanto in silenzio e aiutare. È stato uno sbarco emergenziale, in cui l’intervento sanitario è stato essenziale per le tante persone con difficoltà respiratorie e da stabilizzare. C’era anche un giovane che aveva un ginocchio gravemente ferito. Probabilmente un pezzo di legno appuntito gli aveva trafitto la gamba. Corpi che porteranno a lungo cicatrici, segni di un viaggio letteralmente compiuto tra la vita e la morte».
«Fortissimo è stato l’impatto al momento di entrare al palaMilone. Non è per noi un’esperienza del tutto nuova ma quelle bare, tutte in fila, quei cadaveri a terra e il personale della polizia scientifica impegnato per i rilievi. Erano seduti a terra in silenzio e operavano con profondo rispetto per quei corpi da non violare oltre. E poi altri furgoni in arrivo con le salme. Poi le bare bianche, piccole di numero sempre crescente e le persone che veniva a portare dei fiori. Immagini che restano dentro gli occhi a lungo e che ti fanno sentire impotente», racconta ancora Vincenzo Romeo che durante il suo giro è stato anche al centro di accoglienza per richiedenti asilo (cara) di Crotone.
Un altro inferno per toccare terra
«C’erano circa una sessantina di migranti che non avevano avuto la necessità di essere ricoverati. Una ventina di donne. Alcuni con graffi ed escoriazioni e molti giovani con il vuoto negli occhi. Mi chiedo a chi spetti riempire adesso, dopo l’inferno che hanno vissuto solo per toccare terra oltre che per attraversare il mare. Credo sia anche una nostra responsabilità per aiutare loro e aiutare noi a sentirci uomini e donne veramente umani», conclude Vincenzo Romeo.