L'ex consigliere regionale ed ex sindaco di Pizzo è finito in carcere perché accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e tentata estorsione aggravata. Sarebbe stato il politico di riferimento delle famiglie di Filadelfia, Acconia di Curinga e zone limitrofe
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Politico di riferimento dellle cosche, imprenditore in affari con la ‘ndrangheta. Sono molto pesanti le accuse che la Dda di Catanzaro contesta all’ex consigliere regionale Francescantonio Stillitani e per le quali è finito in carcere. Accuse (concorso esterno in associazione mafiosa e tentata estorsione) che l’ufficio diretto dal procuratore Nicola Gratteri contesta all’ex sindaco di Pizzo insieme al fratello Emanuele. Nel fermo emesso questa mattina si legge che Stillitani avrebbe «concretamente contribuito, pur senza farne formalmente parte, al rafforzamento, alla conservazione ed alla realizzazione degli scopi dell’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta, operante sul territorio della provincia di Vibo Valentia e su altre zone del territorio calabrese, nazionale ed estero (Svizzera), ed in particolare della locale di Filadelfia e della cosca Anello Fruci ivi operante, associazione»
In particolare, Francescantonio Stillitani e suo fratello Emanuele «come concorrenti “esterni”, nella qualità di imprenditori del settore turistico-alberghiero – si legge nelle carte - Francescantonio Stillitani anche quale uomo politico di riferimento del sodalizio (avendo ricoperto le cariche di sindaco del comune di Pizzo e di consigliere regionale, potendo contare sull’appoggio elettorale fornito dal soldalizio) fornivano stabile contributo alla vita dell’associazione mafiosa». Secondo gli inquirenti, Stillitani sarebbe stato «in contatto diretto con i vertici dell’organizzazione criminale operante a Filadelfia, Acconia di Curinga e zone limitrofe, famiglia Anello e Fruci e loro faccendieri (Antonio Fuci) e soldali del sodalizio per avere instaurato con lo stesso – dopo una prima fase in cui avevano subito richieste estorsive ed alberghiero…anche quale uomo politico di riferimento del sodalizio (avendo anche ricoperto le cariche di Sindaco del comune di Pizzo e di consigliere regionale, potendo contare sull’appoggio elettorale fornito dal sodalizio), fornivano uno stabile contributo alla vita dell’associazione mafiosa».
I due Stillitani, aggiungono gli investigatori, «si ponevano quale riferimento per il sodalizio per avere instaurato con lo stesso – dopo una prima fase in cui avevano subito richieste estorsive ed a seguito di una tipica evoluzione del rapporto in termini collusivi - uno stabile rapporto “sinallagmatico” caratterizzato dalla perdurante e reciproca disponibilità a prestarsi ausilio ed in forza del quale gli Stillitani consentivano a tale organizzazione di infiltrarsi e di avere voce in capitolo negli affari relativi allo specifico settore della gestione di strutture turistiche, anche mediando con altri imprenditori in relazione alle pretese estorsive della cosca e dei suoi appartenenti, concorrendo nelle condotte estorsive, favorendo l’affidamento di opere, forniture e servizi ad imprese contigue alla cosca ovvero direttamente avvalendosene, garantendo l’assunzione di sodali o di soggetti comunque indicati dall’organizzazione».
Un connubio nel quale i due imprenditori avrebbero riconosciuto «all’organizzazione un contributo in denaro in ragione delle attività imprenditoriali oggetto di tutela mafiosa e dei servigi resi dal sodalizio, così rafforzandone la sfera di influenza nel tessuto economico, ed ottenendo così, oltre alla “protezione” mafiosa, una serie di ulteriori vantaggi ingiusti, quali la possibilità di rivolgersi al sodalizio e di avvalersi del metodo mafioso per la risoluzione di problematiche di vario genere, per il compimento di atti di concorrenza illecita o di natura estorsiva nello svolgimento della loro attività imprenditoriale, ovvero di atti intimidatori nei confronti di soggetti non graditi, e ancora per ottenere appoggio in favore di Francescantonio Stillitani in occasione delle competizioni elettorali che lo vedevano candidato (in particolare, elezioni regionali calabresi del 2005), attraverso plurimi accordi politico-mafiosi maturati e conclusi nel contesto delle cointeressenze economiche legate alla gestione delle strutture turistiche di proprietà degli Stillitani e dei reciproci vantaggi dalle stesse derivanti».
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