VIDEO-NOMI | Le indagini partite da una segnalazione dell'ex sindaco di Corigliano, Giuseppe Geraci. 55 gli indagati complessivamente, 23 gli arrestati. Tutti i dettagli dell'operazione Comune accordo
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C’è un rapporto malato di corruzione tra funzionari pubblici ed imprese alla base dell’operazione Comune accordo, scattata all’alba nella sibaritide e condotta dalla guardia di finanza con il coordinamento della procura di Castrovillari. 55 nel complesso gli indagati. Cinque le persone finite in carcere, tutte titolari di attività economiche note nella zona. Si tratta di Damiano ed Antonio Perrone, di 53 e 34 anni, entrambi residenti a Corigliano, di Rosario Filippelli di 68 anni, di Campana, di Piero Benincasa, 35 anni, nativo di Cariati ma residente nella provincia di Pesaro-Urbino, e di Loredana Filippelli, 41 anni di Cosenza.
Configurato il reato associativo
Erano loro a costituire il nucleo dell’associazione per delinquere messa in piedi con l’obiettivo di pilotare le gare d’appalto a beneficio di un medesimo cartello di imprese, con la complicità di impiegati pubblici infedeli, pronti a chiudere un occhio sui controlli o addirittura a favorire quelle imprese attraverso varianti illegittime e false perizie. Disposti i domiciliari per altre 18 persone, dieci soggetti sono stati invece sottoposti all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria mentre per 7 funzionari è scattata la sospensione dal pubblico servizio. Coinvolto anche l’ex assessore ai lavori pubblici Raffaele Granata, che aveva un ruolo di mediazione tra le imprese e l’ufficio tecnico.
Anomalie segnalate dall'ex sindaco Geraci
Un anno e mezzo di indagini intense partite dalla segnalazione dell’ex sindaco di Corigliano Giuseppe Geraci che aveva informato il prefetto di Cosenza Gianfranco Tomao delle anomalie riscontrate attraverso una missiva. Quella segnalazione è stata tempestivamente trasmessa al procuratore Facciolla.
Quadro desolante da intercettazioni
Con l’ausilio anche di intercettazioni ambientali e telefoniche è stato ricostruito il quadro dei reati commessi che vanno dalla turbativa d’asta, alla frode nelle pubbliche forniture, al falso ideologico, all’abuso d’ufficio e alla corruzione. Emblematico il caso della riqualificazione di Piazza Salotto, dove le panchine installate, a fronte di un costo accertato di 860 euro, sono state pagate dall’amministrazione ben 3700 euro ciascuna mentre lo spessore della pavimentazione posata sulla piazza stessa è di gran lunga inferiore a quello previsto dal capitolato d’appalto.
Il funzionamento del cartello di imprese
Era stato messo in piedi un cartello di 28 tra ditte e società che, una volta indetta una gara d’appalto, presentavano molteplici offerte diversificando il ribasso entro una forbice di valori concordata, tale da garantire il massimo delle possibilità di vincita in danno degli altri concorrenti. Una volta aggiudicata la gara, l’esecuzione dei lavori veniva affidata alle imprese del cartello attraverso subappalti non autorizzati mentre l’impresa aggiudicatrice, a prescindere dalla esecuzione diretta dei lavori, riceveva il 5% del valore dell’appalto aggiudicato mediante falsi servizi o scambi di beni e quindi false fatture. Tale percentuale era riconosciuta anche nel caso in cui per un errore, il cartello non si aggiudicava la gara: attraverso pressioni mai denunciate riusciva comunque ad eseguire i lavori al posto della società aggiudicataria nell’ambito di un sistema in cui comunque tutti riuscivano a trarre illeciti profitti.
Lavori scadenti e non conformi
Gli appalti passati al setaccio riguardano diversi ambiti, dai loculi cimiteriali, alle condotte idriche, al rischio idrogeologico, a lavori stradali e rattoppi di bitume. I ribassi presentati per ottenere le aggiudicazioni venivano poi compensati o con perizie di variante oppure effettuando interventi con materiale scadente e non conforme. Chi doveva controllare chiudeva entrambi gli occhi. Tra i lavori inadeguati anche le riparazioni del manto stradale di Via Nazionale dove nell'agosto del 2017 un 14enne è caduto in una buca con la bicicletta, perdendo la vita.
18 persone agli arresti domiciliari
Disposto il sequestro preventivo di 11 società riconducibili ai promotori e agli organizzatori dell’associazione a delinquere dedita alla manipolazione degli appalti pubblici, per un valore pari a circa 9 milioni di euro. Disposti i domiciliari per Emanuele e Raffaele Gradilone, entrambi residenti a San Demetrio Corone, di 39 e 41 anni, per Francesco Fino, 63 anni di Corigliano, per Vito Nicola Sorino di 59 anni residente a Rutigliano, nel barese, per Rosa Onorina Donato, 56 anni di Terranova da Sibari, per Lorenzo Domenico Cersosimo, 37 anni di Francavilla Marittima, per Mario e Domenico Vona, entrambi di Petilia Policastro, di 66 e 36 anni, per Giuseppe Marrazzo, 53 anni di Cirò Marina, per Eugenio Pignataro, 37 anni di Terranova da Sibari, per Saverio Scorpiniti, 50 anni di Terravecchia, per Sandro Salvatore Sprovieri, 47 anni di Corigliano, per Tiziana Montera, 45 anni di Rossano, per Franco Vercillo, 56 anni di Corigliano, per Aurelio Armentano, 54 anni, nativo di Corigliano ma residente a Bagno a Ripoli, nel fiorentino, per Francesco Milito, 42 anni di Corigliano, per Domenico Muzzupappa, 51 anni di Ricadi, per Pietro Paolo Oranges, 56 anni di Corigliano.
Anche Otello Lupacchini alla conferenza stampa
Il procuratore generale della Corte d’Appello di Catanzaro ha nuovamente affiancato il procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla durante la conferenza stampa nella quale sono stati resi noti i dettagli dell’operazione. Sono intervenuti anche il colonnello Marco Grazioli, comandante provinciale della guardia di finanza di Cosenza, il tenente colonnello Valerio Bovenga, comandante del gruppo delle fiamme gialle di Sibari, il capitano Francesco Coppola, comandante della compagnia di Rossano ed il luogotenente Domenico Allevato, comandante della tenenza di Corigliano Calabro.
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