Originari di San Giovanni in Fiore lavoravano con i loro compagni in condizioni inimmaginabili in un impianto estrattivo della cittadina del West Virginia, negli Stati Uniti. Furono travolti e bruciati vivi da violente esplosioni nelle gallerie sature di gas
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Le morti sul lavoro hanno alle spalle una storia molto triste, e purtroppo antica. E se oggi le morti sono pressoché quotidiane, un tempo erano stragi enormi, assurde. A morire erano sempre, oggi come ieri, i lavoratori, gli operai, coloro che aveva bisogno di lavorare per campare, per mantenere la famiglia. Facendo turni massacranti, senza alcuna tutela. Ieri come oggi.
Un tempo le stragi avvenivano nelle miniere, in Europa come negli Stati Uniti, e quasi sempre a morire erano italiani, del sud, tantissimi calabresi.
Ricordiamo proprio in questi giorni la tragedia di Monongah, dal nome della cittadina del West Virginia, nel cuore degli Stati Uniti: alle 10,25 del 6 dicembre 1907 in alcune miniere di carbone della Fairmont Coal Company si udirono alcune devastanti esplosioni. A causarle fu il gas. La tragedia costò la vita "pare" a 361 minatori. Fra questi 171 italiani. Oltre trenta provenivano da San Giovanni in Fiore. "Pare" perché non fu mai veramente accertato il numero esatto delle vittime. Si disse subito: 361 morti, forse per nascondere il fatto che le vittime reali fossero addirittura il doppio. Infatti dopo tanta insistenza le autorità ammisero "oltre 500 vittime". Numero successivamente corretto in 620.
Ma nemmeno questa doveva essere la verità, considerato che un giornale locale del 9 marzo 1908 scrisse che le vittime furono "quasi 1000", azzardando un numero preciso: 956. Dal cimitero del Municipio di Monongah qualcuno confermò quest’ultima cifra. Una tragedia immensa, che rimane tuttora mai definita nel numero delle vittime. Complice il fuoco che spazzò via ogni cosa nelle viscere della terra invase dal gas. Di certo c’è che la morte fu orribile: furono schiacciati nel crollo dei tunnel. Ma molti morirono fra le fiamme, bruciati vivi, diversi soffocati dal fumo. Moltissimi erano giovani emigrati, praticamente ragazzi.
Se prendiamo per buona - ma come si fa? - la cifra ufficiale, in quelle miniere morirono 361 minatori, mandati in miniera allo sbaraglio, senza alcuna preparazione, senza un minimo di sicurezza accettabile.
Le cronache raccontano che il giorno prima le miniere erano rimaste chiuse. Il fatto grave è che per risparmiare energia vennero spenti gli aeratori. E da questo l'accumulo di gas che poi avrebbe portato alla tragica esplosione del mattino successivo.
I minatori erano trattati come bestie da soma: la paga non era legata alle ore effettivamente lavorate, ma a quanto carbone veniva estratto e portato in superficie. Per cui pur di guadagnare qualcosa in più, i lavoratori continuavano a lavorare fino a quando non cadevano stremati a terra. Quale sicurezza poteva esserci in quelle condizioni?