Edgardo Greco non tornerà in Italia. Non per il momento, almeno. Due giorni fa, infatti, la Corte d’appello di Lione ha disposto che l’ex affiliato del clan Perna-Pranno di Cosenza, condannato all’ergastolo per il duplice omicidio dei fratelli Stefano e Giuseppe Bartolomeo, resti «in stato di fermo» in Francia, nazione nella quale è stato arrestato lo scorso 2 febbraio  dopo sedici anni di latitanza. 

Stavolta, però, la cosiddetta dottrina Mitterand non c’entra. A bloccare la procedura di rimpatrio è stato il suo avvocato Benoit Courtin, secondo il quale Greco avrebbe dovuto essere arrestato «sulla base di una richiesta di estradizione delle autorità italiane» e non con un mandato d'arresto europeo come invece è avvenuto. Quest’ultimo, infatti, stato istituito nel 2002, ma in Francia vale la regola per cui tutti i reati commessi prima del primo novembre 1993 – quando entra in vigore il trattato di Maastricht – debbano essere trattati con la vecchia procedura di estradizione. E visto che l’omicidio dei Bartolomeo risale al gennaio del 1991, i giudici hanno dato ragione al legale.

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Il problema non si sarebbe posto nel caso in cui Greco avesse dato il proprio assenso a fare ritorno in Italia, ma ciò non è avvenuto, tant’è che lo stesso non ha inteso firmare il verbale del proprio arresto. Courtin aveva avanzato una ulteriore richiesta - la scarcerazione del suo assistito - che la Corte d’Appello, però, non ha inteso accogliere.

L’ex latitante, dunque, resta «sotto estradizione», ma in un carcere francese.  «L'Italia ha 40 giorni dalla data dell'arresto per presentare una richiesta di estradizione, altrimenti il mio cliente dovrà essere rilasciato», ha poi dichiarato il penalista all’Agenzia France-Press, a ulteriore conferma di come questa vicenda giudiziaria, in apparenza pacifica, sia tutt’altro che risolta.