Nell'ordinanza di custodia ai domiciliari viene sottolineato che Matteo Iannò, pur non essendo un appartenente ad una cosca mafiosa, ne ha comunque usato le modalità: dalla richiesta di denaro per i "carcerati" alla minaccia di incendiare l'attività commerciale
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«Ci devi dare mille euro e al mese per i carcerati, sennò, ti bruciamo tutto»: recitava così la frase scritta sul biglietto estorsivo che Matteo Iannò, 40 anni, arrestato ieri dalla Squadra Mobile, avrebbe recapitato ad un commerciante di Reggio Calabria. Finito ai domiciliari con l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, “dietro” di lui non ci sono cosche o famiglie mafiose, ma ciò comunque configura per il pm antimafia Roberto Di Palma, che ha condotto le indagini, una dinamica tipicamente ‘ndranghetista.
L’indagato, sostanzialmente, sapeva che scrivere determinate parole voleva comunicare un messaggio specifico. Il richiamo alla richiesta di denaro per i “carcerati”, con la conseguente minaccia di ritorsione, è una modalità appartenente alla criminalità organizzata e metterlo nero su bianco vuole intimidire e generare una forte paura. L'impianto accusatorio è stato infatti, condiviso in pieno dal gip distrettuale, Valentina Fabiani, la quale nell’ordinanza di custodia cautelare ha scritto che «le modalità esecutive sono tali da evocare la forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso, o comunque idonee a richiamare nella mente della persona offesa l’esistenza della ‘ndrangheta - è scritto nelle carte dell’inchiesta - e la sua perdurante operatività sul territorio, attualizzando la percezione della forza di intimidazione del vincolo associativo e rinsaldando la condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva».
Il fatto risale al 19 febbraio scorso. Ad incastralo sono state le sue impronte. L’uomo, che ha alcuni precedenti penali per droga, era schedato e i tutti i suoi dati erano in possesso della Polizia. Gli uomini della Mobile, insieme agli agenti della Scientifica, non ci hanno impiegato molto a risalire a lui. Grazie anche alla denuncia della vittima in poco tempo hanno individuato il presunto autore della richiesta estorsiva. Il commerciante infatti, ha chiamato subito la Polizia e agli investigatori ha riferito di non aver mai ricevuto nessun genere di richieste estorsive e che «è rimasto scosso da quanto ricevuto e subito mi sono preoccupato di avvisare le forze dell'ordine».
Quella frase scritta su un semplice foglio A4 e lasciato dentro una busta sullo zerbino dell’attività commerciale per il gip «integra certamente gli estremi dell’aggravante contestata nella forma del metodo mafioso utilizzato - è riportato nell’ordinanza di custodia cautelare - trattandosi di condotta evidentemente idonea a determinare quella coartazione della volontà, con conseguente intimidazione, propria dei sodalizi mafiosi». Non ci sono quindi “solo” le cosche a vessare commercianti e imprenditori, ma ci sono anche giovani che ne prendono gli schemi, i modelli e le parole, e li fanno propri, riproducendoli, per accaparrarsi denaro, per continuare a stringere la morsa mafiosa.