Poca gente ma, forse, comunque troppa. Lamezia ai tempi del coronavirus è quasi irriconoscibile. Negozi e bar chiusi trasformano il corso in un luogo fantasma.

 

Le saracinesche chiuse e gli avvisi riportanti il decreto del governo ricordano che è in corso una pandemia. Chi passeggia, lo fa con fare frettoloso, coprendo il volto con mascherina e indossando guanti.

 

Un po’ più di gente si trova lungo i supermercati, i panifici, le farmacie. Farmacie che ricordano alla clientela di non avere mascherine. Timida vola al vento qualche bandiera dell’Italia e qualche messaggio di incoraggiamento, arcobaleni che sono chiazze di colore in un clima grigio nonostante il sole primaverile, il cielo sgombro da nubi e gli oltre venti gradi.

 

C’è chi è più fatalista e chi è più preoccupato ma, almeno tra coloro che sono per strada, manca quel senso di psicosi che spopola invece sui social. C’è ci scherza su: «Ne approfitto per riposarmi», chi, invece, non nasconde i propri timori e spiega di attenersi quanto più possibile alle prescrizioni per tutelare specialmente le persone vicine, più anziane o più fragili.

 

Proviamo ad indagare per capire cosa li porti ad uscire da casa: c’è chi esce per fare la spesa, chi per comprare il pane o le zeppole di San Giuseppe, chi ancora va in farmacia, nei negozi di detergenti o a prelevare al bancomat.

 

Una Lamezia irriconoscibile ma che probabilmente ancora molto potrebbe fare. C’è poi la macchina della solidarietà: le cartolibrerie espongono autocertificazioni da potere prendere gratuitamente, diverse associazioni si propongono per fare la spesa e acquistare medicine a chi fosse impossibilitato a farlo. Una città che sostanzialmente risponde bene alle indicazioni date ma che potrebbe allo stesso tempo fare di più.