Hanno visto spegnersi amici, parenti, congiunti. Tutti per quel male incurabile chiamato cancro, spesso in modo fulminante. Una moria che riguarda tutta la zona delle abitazioni circostanti l’ex Zuccherificio di Sant’Eufemia, uno degli ex comuni di Lamezia Terme. Ora un gruppo di abitanti dell’area vuole vederci chiaro, chiede che vengano fatte delle indagini, che si cerchi di capire il perché.

 

Dagli anni Trenta agli anni Sessanta ha occupato oltre 600 persone, lavorando 1 milione e 250 mila quintali di barbabietole a stagione. Poi la chiusura e l’abbandono. Tra mancati accordi tra la proprietà e i possibili acquirenti, dal Comune di Lamezia, alle Ferrovie dello Stato, fino a una cordata di imprenditori cinesi, lo zuccherificio, catalogato nei libri di architettura come esempio di magistrale architettura industriale, è stato lasciato crollare, venire meno, macerare.

 

Nel tempo è stato occupato da senza tetto e vagabondi, è stato luogo di prostituzione, vi avvenne perfino un omicidio. Di tutto quell’eternit che lo ricopriva nessuno si è mai occupato. Ed è proprio in quell’amianto, polverizzato dal degrado e dal usura del tempo e delle intemperie, e portato via dal vento che potrebbe essere la chiave dei tumori che stanno divorando la popolazione di Sant’Eufemia.

 


Le donne vengono colpite soprattutto al seno ma, dai polmoni, al pancreas, allo stomaco, i casi di tumore si sono susseguiti senza soluzione di continuità. Da qui la decisione di alcune residenti di farsi sentire, chiedere una vera e propria indagine, fatta con cognizione di causa. Per capire se davvero quello zuccherificio un tempo esempio di magnificenza, si sia trasformato in una ‘fabbrica dei veleni’ e dopo essere caduta nell’oblio e nello sfacelo stia portando con sé anche gli abitanti della zona.

 

Tiziana Bagnato