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La Direzione investigativa antimafia sta procedendo alla confisca dei beni di Francesco Cianflone, imprenditore edile di Lamezia Terme, già arrestato nell'ambito dell'operazione Piana nel 2013 per associazione a delinquere di stampo mafioso. Per la Dia, Cianflone sarebbe contiguo alla cosca Giampà. Nell'inchiesta la Dia, coordinata dalla Procura Distrettuale di Catanzaro, aveva ricostruito la rete di interessi economico costruita intorno a Giampà, a cui era legata una parte dell'imprenditoria locale.
Beni confiscati - I beni confiscati, il cui valore è stimato in circa sette milioni di euro, comprendono le quote ed il compendio aziendale della “COSTRUZIONI s.r.l.”, con sede in Amato (CZ), operante nel comparto edilizio, 140.000 m/q di terreni prevalentemente agricoli, un appartamento, 37 beni mobili registrati fra i quali numerosi mezzi da cantiere e 23 rapporti finanziari.
Motivazioni della confisca - Sulla base delle risultanze degli accertamenti patrimoniali della D.I.A. il Collegio della Prevenzione del Tribunale di Catanzaro si è determinato, qualificando in primis il modus operandi del proposto “… come sintomatico di pericolosità sociale qualificata, rilevandosi quale univoco e non diversamente valutabile sospetto di appartenenza alla consorteria mafiosa facente capo ai Giampà…”. Ulteriormente, il citato Collegio ha ritenuto di adottare la misura di prevenzione patrimoniale atteso che il compendio aziendale della Costruzioni s.r.l. “…, i rapporti bancari e finanziari risultano essere stati acquisiti negli anni successivi al 2008, senza che, a fronte degli esborsi necessari per le acquisizioni, sia stata dimostrata, in relazione a ogni acquisto e operazione bancaria e finanziaria, la sussistenza della correlativa disponibilità reddituale…”.
I legami con i Giampà - Le investigazioni della D.I.A. hanno, poi, evidenziato che il ruolo delle imprese favorite dalla cosa Giampà, come quella del Cianflone, non era circoscritto alla sola fornitura di cemento e di altro materiale, attraverso una condotta delle stesse sostanzialmente passiva, quale mere beneficiarie dell’attività posta in essere direttamente dai componenti la cosca, quanto, invece, tendevano ad assumere un ruolo attivo e propositivo nella condotta delittuosa, in ragione del fatto che gli imprenditori che si aggiudicavano i lavori sul territorio, consapevoli del rapporto che legava certe imprese alla cosca Giampà, sapevano che attraverso le stesse avrebbero potuto “sistemare le cose” con la cosca per non avere fastidi.