Il racconto di un cosentino giunto a Milano insieme alla moglie e al figlio di 14 anni per assistere alla partita dei neroazzurri contro la Sampdoria: «Siamo stati minacciati, ci hanno detto che dovevamo uscire per forza»
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«Ci hanno obbligati a uscire minacciandoci». C’era anche un tifoso arrivato dalla Calabria la sera della vergogna orchestrata dagli ultras dell’Inter durante la partita contro la Sampdoria. Migliaia di persone sono state costrette a abbandonare il settore dello stadio di Milano occupato dalle frange più esagitate del tifo organizzato, per commemorare la morte di il capo ultras Vittorio Baiocchi, pluripregiudicato ucciso poche ore prima in un agguato (In foto lil lugo dell'agguato).
«Ero con mia moglie e mio figlio in curva - spiega Antonio - Siamo partiti dalla Calabria perché sono un grande tifoso interista. Quando è iniziata la partita la curva era in silenzio, ma noi non capivamo perché. Dopodiché tra la fine del primo tempo e l’inizio del secondo gli ultras ci hanno chiesto di uscire perché bisognava lasciare la curva vuota. Io ho un ragazzo di 14 anni, ma c’erano anche bambini più piccoli, e siamo stati costretti a uscire. Siamo stati minacciati, si sono comportati in manera aggressiva. Alcuni hanno protestato, anche io l’ho fatto dicendo che ero venuto dalla Calabria, ma loro hanno detto che dovevamo uscire per forza. Io per tutelare mia moglie e mio figlio sono andato via. Steward e polizia non si sono visti. Mi dispiace perché io amo l’Inter, tifo Inter però queste cose non devono succedere. Andare allo stadio è una festa, è aggregazione. Non possiamo fare queste figure».