Il silenzio e l'inerzia della Regione condannano i degenti della Domus Aurea a un'altra lunga notte in struttura, in attesa di un trasferimento in ospedale di cui si disconoscono tempi e modi. In mezzo, le indecorose proteste di politici e amministratori che sbattono le porte in faccia ai malati, il grido di dolore dei sindaci e l'ennesima prova fallita della politica in tempo di pandemia
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Un sistema sanitario debole, che mostra i suoi limiti al netto degli annunci. Una politica esile, che si accuccia di fronte a campanilismi e appetiti e diventa impasse gestionale. Una società vigliacca, che alla prima difficoltà si è scoperta giungla in cui i pazienti diventano colpevoli della malattia che hanno contratto e gli anziani elementi sacrificabili. Una residenza che sta diventando una tomba collettiva.
Se c’è un punto di non ritorno nella storia della Calabria ai tempi del coronavirus, coincide con “il caso Chiaravalle”. E non si tratta di nulla di inaspettato o di inevitabile. Né di qualcosa che il prospettato, tardivo trasferimento di venti dei 46 degenti cancellerà.
La tirannia dei numeri
Da quando, ormai una settimana fa, si è scoperto che quella residenza per anziani era diventata il principale focolaio della regione, i numeri – nella loro straordinaria onestà – hanno parlato chiaro. Se tutti i degenti avessero avuto, contestualmente o a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro, necessità di ospedalizzazione, i posti disponibili nei centri Covid19 allestiti nella provincia non sarebbero bastati. Cinque giorni dopo la circostanza si è puntualmente verificata. Ma nel frattempo, nulla è stato fatto. O meglio, nulla di concreto.
Tra gli annunci e la realtà
Le proteste della governatrice Jole Santelli che a mezzo stampa lamenta «il governo non ci manda i ventilatori», mentre il suo superdirigente incaricato di acquistarli, Domenico Pallaria, assicura di non sapere neanche come siano fatti, non creano nuovi posti in ospedale.
Non fanno aprire nuovi reparti. Il sistema sanitario calabrese rimane sottodimensionato esattamente come lo era sette giorni fa. Impreparato come lo era quando il focolaio Chiaravalle è stato scoperto.
La corsa contro il tempo e l’inerzia della politica
E nel pomeriggio di lunedì, quando il medico incaricato dall’Asp, Cosimo Zurzolo ha messo nero su bianco la necessità di mandare in ospedale i 51 degenti sopravvissuti al “ricovero coatto” alla Domus Aurea già costato la vita a due anziani lasciati a morire in struttura, i nodi – politici, sanitari, gestionali – sono venuti al pettine.
«Alcuni dei pazienti versano in condizioni molto gravi e si necessita di intervento immediato» ha affermato Zurzolo al termine dell’ispezione. La Regione ci ha messo quasi sei ore per rispondere. Saranno smistati fra Lamezia Terme e Soverato - si è stabilito - mentre i più gravi andranno a Germaneto. Ma le disposizioni di ricoverare tutti immediatamente sono rimaste lettera morta, fatta eccezione per quattro pazienti. Tutti gli altri attendevano un letto di ospedale, assistenza, cure. Sono rimasti ad aspettare alla Domus Aurea. Aspettano ancora.
Disposizioni carta straccia
Sono bastate le proteste del sindaco di Lamezia, Paolo Mascaro, a far diventare le disposizioni del Dipartimento Salute della Regione Calabria carta straccia. L’ospedale, ha gridato il primo cittadino a tutti i media disponibili «non è attrezzato per accogliere pazienti positivi».
Curioso però che dopo un mese di emergenza se ne preoccupi solo adesso che c’è qualcuno da ricoverare. Insorge qualche misconosciuto gruppo di infermieri. E poi c’è la Lega che litiga con la Lega. Una schizofrenia che sarebbe ridicola se non fosse grottesca.
L’intervento di Salvini e la schizofrenia leghista
Chiaravalle ha destato l’attenzione di Matteo Salvini. Sull’argomento era intervenuto già nei giorni scorsi per denunciare lo «spaventoso caso delle 52 persone colpite da Coronavirus nella casa per anziani di Chiaravalle, in provincia di Catanzaro» e lagnarsi che «le difficoltà che sta vivendo la Calabria sono frutto di anni di malapolitica, che ha abbandonato questa terra». Peccato che a governare la terra in questione siano stati anche quelli che oggi sono suoi alleati di governo in Regione. Dettagli.
Nella mattinata di ieri è tornato sulla questione. Non fosse altro che per blindare il suo viceresponsabile degli Enti Locali, Walter Rauti, che nei giorni scorsi è stato delegato a seguire l’emergenza e a quanto pare più di una volta avrebbe avuto a che dire con i vertici della sanità regionale e non solo. «Sto personalmente seguendo la vicenda e auspico un intervento risolutivo, nell’interesse primario della salute – ha tuonato da lontano il Capitano - C’è in gioco la vita: non si può perdere tempo!».
I muri cittadini del deputato leghista
Dalle parti di Lamezia però queste parole non sembrano averle ascoltate. Ed ecco che l’unico deputato leghista calabrese, Domenico Furgiuele, più volte entrato in rotta di collisione con via Bellerio per gli imbarazzi provocati dai guai in odor di ‘ndrangheta del suocero, se ne esce con una dichiarazione che va esattamente nel senso opposto.
A rimorchio si porta il “suo” consigliere regionale Pietro Raso, con cui firma una nota che recita «Lamezia è, e sarà, una città generosa e solidale, ma in questo momento così critico non è ancora pronta». Dai porti chiusi agli ospedali chiusi, è un attimo. E poco importa che si tratti di anziani e malati.
Tra la guerra di partito e la realtà
Nel suo feudo, il deputato leghista vuole avere l'ultima parola e ai commissari alla sanità intima «Certe scelte non possono essere fatte di imperio».
Una dichiarazione pubblica ed una gomitata privata tutta interna al partito, dove da tempo fra correnti si fa a botte, con risse politiche che tracimano con malgrazia su media e social. Ma ad un certo punto Furgiuele si deve essere accorto che sulla questione era intervenuto il Capitano in persona. E diviso fra l’amor di feudo (elettorale) e la fedeltà (?) di partito, secondo alcune voci avrebbe detto ai suoi di far sparire dai social le note revansciste con cui rilanciavano il suo comunicato.
La frenata della Regione e il grido di dolore dei sindaci
Una giostra indegna, come raccontato nel corso della giornata da LaC, ma che è riuscita a bloccare il trasferimento già disposto dal Dipartimento sanità. Presa in contropiede, la Regione si è fermata. Dalla presidente Jole Santelli neanche una parola sulla questione.
E a poco sono servite le proteste di Vallefiorita, paese d’origine di tre dei degenti della Domus Aurea morti nei giorni scorsi, che dalla pagina ufficiale dell’amministrazione parla pubblicamente di «una vera e propria strage, nel silenzio assoluto delle autorità (in)competenti. Siamo abbandonati a noi stessi privi di ogni forma di tutela costituzionalmente sancita».
E chiede aiuto a tutte le autorità, dal prefetto di Catanzaro al premier Conte perché «tutti noi abbiamo capito che siamo nelle mani di nessuno, abbiamo bisogno d’aiuto. Il nostro è anche e soprattutto un grido di dolore, non solo di denuncia. La vergogna d’Italia».
«Un lento stillicidio che porterà ad una strage»
Cade nel vuoto anche la richiesta di aiuto che arriva da Cardinale. Anche da lì arrivano operatori e degenti. «Stiamo assistendo ad un lento stillicidio che porterà, se non si interviene al più presto, ad una vera e propria strage per il nostro territorio – scrive indignato il primo cittadino Danilo Staglianò su facebook - Tutto questo non sta avvenendo in un angolo sperduto della terra, lontano dalla civiltà e da ogni forma di comunicazione, ma questa vergogna si sta vericando sotto gli occhi di tutti».
E non pecca di schiettezza nel denunciare che operatori e degenti «stanno patendo per l’incompetenza di chi in questi giorni doveva essere in grado di porre fine a questo orrore». Una situazione, aggiunge che rischia di assumere «i contorni di un massacro» che – promette – porterà «sotto i riflettori e nelle sedi competenti». I familiari di alcuni degenti invece, secondo indiscrezioni, avrebbero già dato mandato ai legali.
Tra speranze e silenzio, l’ennesima lunga notte
E la Regione? Accartocciata in un ostinato silenzio, tace. Niente commenti, niente comunicati, nessun annuncio. A metterci la faccia e presentarsi nella struttura di Chiaravalle è solo il dottore Torti, responsabile del reparto di Malattie infettive del Policlinico di Germaneto.
Nel pomeriggio di ieri ha fatto l’ennesimo sopralluogo e ha organizzato il trasferimento dei degenti. Andranno via in scala di disperazione. Venti a Germaneto. Quando? Alcuni, pochi, in nottata, forse in mattinata. Gli altri 26? In altri ospedali del territorio. Tempi? Non è dato sapere.
Sui degenti della Domus Aurea, nessun comunicato, niente slide in fucsia, nessun annuncio. Solo l’ennesima lunga attesa per operatori e pazienti. Sempre che ce la facciano. La politica, no. Non ha più chance. La prova della Domus Aurea l’ha già fallita.