VIDEO | Claudia Ferrari e Angelo Belfiore sono gli ultimi nomi inseriti nel lungo elenco di coloro che hanno perso la vita su una delle strade più pericolose d'Italia. Mentre ancora si attende un ammodernamento che non si vede (ASCOLTA L'AUDIO)
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Quel cane senza vita steso sull’asfalto dà la misura, tragica, di una tranquilla domenica finita in un ammasso di lamiere, lungo una delle strade più pericolose d’Italia. La Statale 106, spina nel fianco di un territorio che dal confine con la Basilicata si srotola lungo tutta la costa ionica calabrese fino a Reggio, ha bevuto altro sangue. Claudia Ferrari e Angelo Belfiore, di 56 e 55 anni, palermitani, hanno finito le loro esistenze allo svincolo di Sibari, andando a schiantarsi con la loro auto contro un’altra vettura a bordo della quale viaggiava un'altra persona, rimasta gravemente ferita. Amanti dei cani, come si capisce guardando le immagini di cui sono pieni i due profili Facebook, Claudia e Angelo sono stati accompagnati in quest’ultimo viaggio da Ombra, un bestione col faccione buono che compare in tante foto che li mostrano sorridenti.
Altri fiori, forse, si aggiungeranno lungo un guardrail già irto di tragedie, e ancora si urlerà allo scandalo di una strada da anni ferma al “vorrei ma non posso” di un ammodernamento distante dall’essere completo. Mentre il conteggio delle vittime corre, azzerandosi ogni anno nella speranza di non vederlo più rimettersi in moto. E puntualmente, invece, si mette in moto, con numeri che crescono in maniera direttamente proporzionale al dolore che devasta intere famiglie e schiere di amici ai quali non resta che una foto o un fiore da piazzare su quel guardrail, in uno di quei gesti che servono per dare sbocco a una sofferenza che altrimenti soffoca dall’interno.
Nove vittime dall'inizio dell'anno
E così anche quest’anno, in questo 2022 iniziato come sempre tra auguri e speranze, quel contatore si è messo a correre e in meno di quattro mesi è già arrivato a nove. Nove vite schiantatesi lungo la “strada della morte”. Il primo scatto in avanti lo fa l’8 gennaio, quando in un incidente avvenuto a Sant’Andrea Apostolo sullo Ionio, nel Catanzarese, rimangono ferite due persone. Una di loro – Pasquale Varano, 74 anni – muore due giorni dopo in ospedale.
Altri due giorni passano prima che il contatore maledetto segni un’altra vittima. Si tratta di Luca Laudone, morto a soli 19 anni dopo essere finito fuori strada con la sua auto, a Corigliano-Rossano. La città è straziata. «Il tuo tempo doveva essere il presente ed il futuro. Invece la linea del tempo si è interrotta e ti sei fermato», scrivono sui social compagni di scuola e insegnanti.
E di tempo non ce n’è nemmeno per rimanere per un po’ in contemplazione di quel dolore, cercare di mandarlo giù come possibile, perché appena 24 ore dopo la Calabria è di nuovo sconvolta dalla tragedia. È l’11 gennaio: nel Reggino, tra i comuni di Stignano e Riace, un altro incidente provoca tre feriti: Aurelio Giorgi, 47 anni, muore in ospedale più tardi.
Il primo mese dell’anno si chiude portandosi via altre due giovani vite: Davide e Gabriele Origlia, due cugini di 29 anni, muoiono in uno schianto a San Sostene, nel Catanzarese. A piangerli è l’intera comunità di Roccella Ionica, nella Locride, la loro città. Ai funerali dei due ragazzi, il parroco parla di «omicidio di Stato».
Ma la strage non si ferma. La sete di vittime della 106 dà appena il tempo di riprendere fiato e il 27 febbraio un nuovo, durissimo colpo si abbatte sulla Calabria. È un giorno che comincia tra le lacrime e tra le lacrime finisce. La mattina, un drammatico impatto coinvolge cinque veicoli a Reggio, ponendo fine alla vita di Francesco Saccà, 27 anni. In serata è ancora la città di Corigliano-Rossano a piangere uno dei suoi figli. Lo scontro avviene all’altezza del centro commerciale “I portali” e si porta via Lorenzo Monaco, di 37 anni.
Drammi che si intrecciano, in una lunga catena di dolore che avvinghia famiglie e le stringe le une alle altre. Accanto al dolore, la rabbia per quel cambiamento chiesto più volte, a più voci, e che ancora non si vede. Pochi fatti, e parole al vento che si innalzano a ogni nuova tragedia, a ogni pugno nello stomaco che arriva dalle immagini di lamiere contorte e corpi inermi sull’asfalto. Parole già sentite, ancora e ancora, mentre l’ennesimo “omicidio di Stato” blocca il fiato e costringe al silenzio. Scrive qualcuno su Facebook, qualcuno che conosceva Claudia Ferrari e Angelo Belfiore, subito dopo aver saputo della loro morte: «Non troviamo le parole, in questi casi non ce ne sono, tutte sono sbagliate».