Siamo stati nel luogo della tragedia costata la vita a decine di migranti, abbiamo raccolto le testimonianze e raccontato lo strazio dei familiari delle vittime. Un'ecatombe che pone gravosi interrogativi sulle responsabilità
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Questa storia inizia dalla fine. Dalle bare allineate sul parquet di un Palasport. Inizia dove finiscono le speranze di decine di persone morte nello stesso punto dove d’estate galleggiano placidi i materassini e i bimbi fanno il bagno con i braccioli. Sessantasette le vittime accertate finora, ma sono solo quelle di cui il mare in tempesta ha restituito i corpi. Il computo finale potrebbe essere molto più alto, fino a cento vite spezzate.
Quello che si è consumato all’alba di domenica 26 febbraio, a poche centinaia di metri dalla riva di Steccato, piccola frazione di Cutro, a circa 40 chilometri da Crotone, è il naufragio di migranti con il più alto costo in vite umane da quello di Lampedusa nel 2013, quando i morti accertati furono 368 e 20 i dispersi mai recuperati.
Anche in quel caso ad affondare con il suo carico di vite fu un peschereccio, ma la rotta era un’altra, quella più breve che conduce dalle coste africane alla prima propaggine d’Europa nel Mediterraneo, Lampedusa, appunto. Un tratto di mare pattugliato dalle Ong e sorvolato dai mezzi arei di Frontex, l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, che scandagliano agli infrarossi la superfice del mare.
Poi, tre anni fa, tutto è cambiato. I trafficanti di essere umani hanno cambiato strategia cercando rotte meno controllate e utilizzando imbarcazioni d’altura capaci di stare in mare più a lungo. La rotta turca, attraverso il Mar Egeo, è diventata l’asse del loro business. La povertà senza scampo e la domanda crescente di libertà nei paesi mediorientali dove guerra e repressione politica hanno innescato vere e proprie bombe umanitarie - a cominciare da Siria, Afghanistan e Iran - ha incontrato la loro offerta senza scrupoli: soldi, tanti soldi, in cambio di una speranza.
Nel 2022 solo in Calabria sono sbarcate 18mila persone, il 15 per cento degli arrivi complessivi in Italia, il doppio rispetto ai 9.600 del 2021 e nove volte di più rispetto ai 2.500 del 2020. Il principale punto di approdo è diventata la costa Ionica, tra Crotone e Roccella. Li chiamano viaggi in “prima classe”, anche se non hanno nulla a che vedere con il lusso e con l’opulenza: tre o quattro giorni in mare, partendo dalle coste turche, per coprire oltre 1.300 chilometri e arrivare in Italia.
Il viaggio della speranza in un futuro degno di essere vissuto di 200 migranti provenienti per lo più da Afghanistan, Iran, Pakistan e Siria, è finito a Steccato di Cutro domenica scorsa, infranto su un iceberg di roccia a poche centinaia di metri dalla riva e dalla salvezza, che ha spezzato in due quel peschereccio di legno marcio sul quale viaggiavano intere famiglie dopo aver pagato fino a 8mila dollari per gli adulti e circa la metà per i bambini. È tutta qui la “prima classe”, nel prezzo del biglietto che in pochi si possono permettere. Per il resto è un inferno di paura, freddo e sete.
Poco prima dell’alba, la barca è letteralmente esplosa sulla secca che l’ha frantumata in mille pezzi, riversando in mare il suo carico di vite.
Urla di terrore hanno cominciato a sovrastare il rombo del mare in tempesta, mentre la tragedia si consumava nel buio della notte e nella solitudine. Nessun mezzo di soccorso nelle vicinanze, nessun faro a scrutare tra le onde. Solo grida disperate e il pianto dei bambini che già gorgogliava nelle gole piene d’acqua salata. Sono decine i minori che hanno perso la vita, molti altri sono rimasti orfani. Le loro storie vengono ricostruite con sgomento da chi ora li sta accudendo in ospedale di Crotone o al Cara di Capo Rizzuto.
C’è chi ha visto scivolare via verso il fondo del mare il proprio fratellino di 6 anni, c’è una mamma che si è salvata e continua a chiamare i suoi due figli morti nel naufragio, ci sono i bambini in stato catatonico a cui si mente dicendo che i loro genitori li verranno a prendere presto.
Famiglie intere dilaniate dal naufragio. Famiglie senza più madri, senza padri, senza figli. E chi resta, chi si è salvato nonostante tutto, vivrà una vita a metà, con la psiche e il corpo segnato da quella notte. Sono 80 i superstiti, i mezzi-vivi che adesso dovranno fronteggiare per sempre nei loro incubi il ricordo di quell’acqua gelida, delle urla disperate e del terrore negli occhi dei propri cari che non ce l’hanno fatta.
Si potevano salvare? Si potevano salvare tutti? È molto più di una domanda quella che si insinua tra le bare allineate nel Palamilone. È già un interrogativo giudiziario che scuote le massime istituzioni dello Stato. Il primo a rompere il muro di silenzio è stato un medico soccorritore di Crotone, Orlando Amodeo, che nel corso di Non è l’Arena, su La7, la sera stessa di domenica, a meno di 24 ore dal naufragio, ha lanciato il suo sasso contro le finestre del Palazzo: «È stata una tragedia voluta che si poteva evitare».
Le sue parole sono state il detonatore di una polemica che ora dopo ora, giorno dopo giorno, ha assunto i contorni di un’accusa che implica insidiosi risvolti giudiziari e vede nel mirino dell’opinione pubblica principalmente il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il vicepremier Matteo Salvini, nei confronti dei quali si ipotizzano responsabilità sui mancati soccorsi. Sarà la magistratura, che sta ricostruendo la vicenda, a valutare se ci siano profili di reato. Per ora la pressione è principalmente politica, con tensioni anche all’interno della stessa maggioranza.
Su tutto domina la domanda di trasparenza e verità che giunge da tutto il Paese. Un desiderio di giustizia che, in Calabria, vede in prima fila il nostro network. È questo il senso dello speciale che, in poche ore e con grande sforzo organizzativo, abbiamo realizzato e promosso sui nostri canali televisivi e social e nel quale poniamo interrogativi precisi che non possono restare senza risposta: si potevano salvare? Di chi è la colpa di quanto accaduto?
In attesa che a queste domande rispondano le autorità coinvolte e la magistratura, continueremo a fare il nostro lavoro perché da questo spaventoso naufragio riesca a salvarsi almeno la verità.
Lo speciale è andato in onda su LaC Tv, canale 11 del digitale terrestre, 411 TivuSat e 820 Sky. È possibile rivederlo anche su LaC Play.