VIDEO | Una tragedia che porta la data del 19 febbraio 1918 e che costò la vita a 39 giovani militari. La ricostruzione dello storico Mimmo Pacifico
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
«Il disastro ferroviario avvenuto il 19 febbraio del 1918 è purtroppo un disastro dimenticato. Mai filmato, mai documentato. Eppure nella stazione di Pizzo sono morti 39 soldati e ci sono stati 150 feriti. È stato il primo disastro a livello regionale e il quinto a livello nazionale come numero di morti». È così… uno dei più grandi disastri ferroviari della storia d’Italia è quasi sconosciuto alla storia stessa. Eppure è accaduto. Pizzo di Calabria, anno 1918, mentre infuriava ancora la Grande Guerra, il convoglio militare stava riportando a casa, in licenza, tanti giovanissimi soldati.
«Questi ragazzi, che avevano combattuto sulle montagne del Carso e sulle rive del Piave si stavano ritirando a casa. La maggior parte di loro erano soldati siciliani. E guarda caso hanno trovato la morte proprio a due passi da casa». Domenico Pacifico è uno storico. Spulciando tra gli archivi, ha recuperato documenti e immagini che raccontano quella tragedia. La prima di una tratta maledetta, nella quale tre anni dopo trovò una morte orribile anche il deputato socialista vicentino Domenico Piccoli, decapitato dopo essere caduto dal treno in corsa. Ed in circostanze identiche, nel 1919, morì anche un impiegato delle ferrovie. E poi nel ‘51, la strage della Littorina, un chilometro più a Sud (11 morti e 50 feriti), quindi l’incidente del ’71 (un morto e 36 feriti). Poco più a Nord, invece, tra Curinga e Eccellente 28 morti e 17 feriti: correva l’anno 1980.
Ma cosa successe quel 19 febbraio 1918, alla tradotta militare giunta alla stazione di Pizzo? «È successo che per un errore umano questo convoglio è stato dirottato sul quarto binario dove c’era già fermo un treno merci. L’impatto è stato terribile» spiega Pacifico. Di quel disastro restano solo due foto scattate da un perito, Antonio Bilotta. Resta l’elenco drammatico delle 39 vittime, salite nei giorni successivi a 42, raccontano alcune fonti. Ben 54, dice invece il deputato calabrese Antonio Casolini nella tornata parlamentare del 20 aprile 1918. Resta il racconto del pretore Pasquale Marzano, che coordinò i soccorsi e avviò le indagini. «Marzano - ricorda Pacifico – dice: “quella mattina, sentito un forte boato, ci siamo recati sul posto e per fare prima io ho seguito la linea ferroviaria. Giunti sul posto, davanti a me si presentò uno spettacolo disastroso. Porte divelte, lamiere contorte, sangue dappertutto”». Resta la prima tragedia ferroviaria di un secolo che dall’ecatombe della Fiumarella, nel Catanzarese, fino alla Strage di Gioia Tauro, sulle rotaie calabresi ha visto scorrere un fiume di sangue e di lacrime.