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E’ un film già visto dal titolo biblico: “La trinità”. Ovvero chiesa, politica e ‘ndrangheta. Ed anche a Briatico questo sistema era alla base dell’organizzazione sociale. Questo passaggio è ben sottolineato nel dispositivo dell’operazione “Costa sicura” dal prete dell’epoca, don Luigino Fuschi, che chiamato in causa dai carabinieri nel maggio del 2012 ha delineato in maniera chiara il modus operandi della ‘ndrina Accorinti: “Certi soggetti del luogo – si legge – dovendo imporre il loro dominio nel paese, quando ciò non era possibile perché ad esempio il Comune era commissariato, si indirizzavano alla parrocchia nel tentativo di influenzare e dominarne l’attività pastorale. Quando invece il Comune era amministrato da una giunta, si dedicavano solamente all’attività svolta dai suoi componenti.” Ma nel suo caso, vista evidentemente la sua condotta morale e umana, così come si evincerebbe dalle deposizione rese, che vedrebbero don Fuschi “non gradito al clan” e poco dopo allontanato dalla curia per volontà propria e a seguito di numerose lettere di anonime, la ‘ndrangheta non è riuscita nell’operazione di infiltrazione. Il tutto ad un prezzo molto alto: “La popolazione non mi ha mai coadiuvato nell’organizzazione della ricorrenza fatta eccezione per poche persone le quali, purtroppo, secondo me non erano serene. Addirittura facevo fatica a trovare qualche volontario che si occupasse del trasporto delle statue. In una occasione esponenti della famiglia Accorinti si proposero per modificare le finestre della chiesa del Carmine perché sono fisse e non si possono aprire. Io rifiutai la proposta perché la ritenevo un modo per imporsi. In tutto il periodo in cui sono stato parroco a Briatico, ovvero 2003/2009, la mia missione è stata ostacolata ed ignorata dalla maggior parte della popolazione”.
In un altro caso, invece, con l’arrivo del nuovo parroco, don Salvatore Lavorato, finalmente il clan riesce a penetrare fortemente all’interno dello scacchiere pastorale. Il maggior torto imputabile a don Salvatore, in verità, sarebbe quello di aver lasciato fare il bello ed il cattivo tempo agli uomini degli Accorinti. Nelle sue deposizioni fornite ai carabinieri nel maggio del 2012, lo stesso prelato parla dell’organizzazioni delle feste e delle ingerenze quasi spontanee e di necessità della famiglia Accorinti. “Nell’anno 2011 – racconta - non è stato costituito nessun comitato. Per l’organizzazione della festa sono stato contattato dal sig. Accorinti Antonio il quale mi ha proposto di poter organizzare in prima persona l’evento. Ho accettato tale proposta anche perché nessun altro cittadino ha fornito la sua collaborazione per l’evento in parola”. La strategia ‘ndranghetista, nell’anno in cui un nuovo prete iniziava il suo percorso pastorale in un nuovo paese, deve cambiare. Terra bruciata intorno e auto-promozione delle attività di coordinamento delle feste. Luci e luminarie già da una settimana prima, cantanti, processioni a mare nel nome della Madonna, ma sottoscritte e promosse dal boss. “L’organizzazione – così come detto da don Salvatore – è stata gestita per intero dalla famiglia Accorinti”.