Perseguitati perché ebrei e doppiamente discriminati perché giornalisti. Durante il Ventennio in Italia ai giornalisti di razza ebraica era vietata la professione. Negata anche la possibilità di essere inseriti negli "elenchi speciali" autorizzati a continuare nell'esercizio professionale con le limitazioni stabilite dalla legge stessa.

È tra i documenti che saranno esposti nella mostra Spazi di Memoria allestita dall'Archivio di Stato di Reggio Calabria, da lunedì 29 gennaio fino al prossimo 12 febbraio, la Gazzetta del Regno d’Italia n. 179, sulle cui pagg. 3578-3582 è riportata la Legge del 29 giugno 1939 n. 1054. Essa, disciplinando l’esercizio delle professioni da parte dei cittadini di razza ebraica, e completa la legislazione antisemita introdotta dal regime tra il 1938 e il 1939.
La propaganda, fenomeno tutt'altro che superato, necessitava di un forte controllo delle masse e del consenso, la professione giornalistica era essenziale a questa funzione. Era dunque da controllare e da riservare a chi fosse "italiano di razza italiana", in altre parole fedele al regime.

La biblioteca dell'archivio di Stato di Reggio Calabria custodisce le Gazzette del Regno d'Italia sulle quali furono pubblicati anche i provvedimenti per la difesa della Razza emanati, in un'escalation di divieti, limitazioni ed esclusioni tra il 5 settembre e il 17 novembre 1938, giorni in cui entrò in vigore il Regio Decreto numero 1728. Fu, con questa legge, vietata l’unione tra cittadini italiani di razza diversa e furono indicati i criteri per identificare le persone di razza ebraica.

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Il fine era quello di isolare le persone di razza ebraica e avviare quei processi cosiddetti di discriminazione. Raggiungendo davvero il paradosso, in seno alla comunità ebraica totalmente esclusa da ogni ambito sociale e lavorativo, venivano così definiti gli ebrei "discriminati" perché autorizzati a compiere determinate attività in contesti assolutamente circoscritti.

Una condizione che si tradusse in elenchi speciali dal giugno del 1939, quando il quadro della legislazione antisemita del Regno d'Italia si completò con le rigide restrizioni delle libere professioni. Furono colpite attraverso il lavoro, la libertà di autodeterminarsi e di interagire con la società oltre di avere forme di sostentamento. Già il regio decreto del 17 novembre 1938 aveva sostanzialmente vietato il lavoro dipendente da strutture statali, il servizio militare e aveva limitato anche il diritto di proprietà. La libertà degli ebrei era stata ridotta fino a scomparire

La persecuzione della comunità ebraica iniziò prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Anche in Italia del Patto acciaio dell’Asse Roma – Berlino che rendeva vicini e omogenei gli ideali del Fascismo e del Nazismo. Nel campo di sterminio di Auschwitz I, nella città polacca di Oswiecim, oggi museo statale e dal 1979 patrimonio Unesco, una cartina fotografa la provenienza dei convogli verso le camere a gas. C’è anche l’Italia con le sue città di partenza Fossoli, Bolzano, Verona, Trieste, Roma con le 7mila 500 persone deportate. 

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La mostra Spazi di Memoria

«Le leggi razziali - spiega Angela Puleio, direttrice dell'Archivio di Stato di Reggio Calabria - sono state ovviamente vigenti anche a Reggio. Abbiamo voluto esporre le Gazzetta ufficiali dell'epoca per dare il nostro contributo alla Giornata della Memoria. I documenti ci restituiscono una città in cui gli ebrei presenti erano prevalentemente commercianti in un clima sempre più ostile e persecutorio.

Esponiamo anche la circolare del 10 marzo 1940 con cui il ministero dell'Interno, che all'epoca sovrintendeva anche agli Archivi di Stato prima del loro transito nel ministero di Beni Culturali, vietava l'ingresso nella sala studio anche dell'archivio di Reggio Calabria di cittadini di razza ebraica. Ci sono poi delle foto del fondo donato dallo storico Agazio Trombetta che raccontano la visita a Reggio Calabria del Duce Benito Mussolini e il suo comizio alla Casa del Fascio oggi sede della sezione staccata del Tribunale Amministrativo regionale.

Non solo il buio della persecuzione nella nostra storia e nei nostri documenti. Spazio anche alle pagine di luce come quella della storia di Bianca Ripepi, nata a Reggio nel 1922, diplomatasi all'istituto magistrale Gullì nell'anno scolastico 1939-1940 e poi vissuta in Sardegna. Lei è Giusta tra le Nazioni - prosegue Angela Puleio, direttrice dell'Archivio di Stato reggino - per avere salvato con suo marito Girolamo una bimba ebrea registrandola come loro figlia. Poi c’è la storia di Gaetano Marrari, comandante del campo di internamento Ferramonti di Tarsia, nato e vissuto a Reggio Calabria che seppe guidare quel luogo di isolamento e restrizione della libertà con grande umanità e rispetto della dignità.

Esponiamo il loro atto di nascita, i registri dell'istituto Gullì in cui figurano alcune pagelle e la consegna del diploma, abilitazione magistrale di Bianca Ripepi e il ruolo matricolare di Gaetano Marrari. Lunedì 12 febbraio qui in archivio avrà luogo un incontro in cui parleremo anche di queste due figure.

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Custodiamo anche tracce più antiche nel tempo come la Prammatica Prima con cui il viceré Giovanni, conte di Napoli, nel 1509 ordinò agli ebrei dai 10 anni in su di portare il panno rosso, e la Prammatica seconda del 10 novembre 1539 con cui l'imperatore Carlo V cacciò gli ebrei dal Regno di Napoli.

Il nostro contributo alla memoria diverrà permanente anche sulla significativa scalinata monumentale di via Giudecca, qui a Reggio, dove abbiamo collaborato per l'iniziativa odierna con l'omonima comunità patrimoniale. Lasceremo dei pannelli con la riproduzione dei documenti più significativi per legare quel luogo alla sua storia», conclude la direttrice dell'Archivio di Stato reggino, Angela Puleio.

La storia nei documenti

Dunque i documenti si confermano come specchio fedele di un'epoca con tutti i chiaroscuri esistenti, quelli noti e quelli ancora da scoprire e indagare, anch'essi parte integrante della nostra storia. Così attraverso le Gazzette Ufficiali, grazie anche al prezioso aiuto della dottoressa Marcella Maria Pia Praticò e di tutto il personale dell'archivio di Stato, è stato possibile risalire alla legislazione antisemita che iniziò a farsi largo nel regime dal 1938. Nel patrimonio dell'archivio anche i documenti del deposito della Camera di Commercio e della prefettura di Bova, rispettivamente riguardanti finanziamenti ai giovani aderenti ai gruppi del littorio e a colonie e direttive rispetto l’uso delle divise e del comportamento durante l’inno nazionale.

Una persecuzione graduale fino alla deportazione

Iniziò con l'esclusione dalla scuola per docenti e discenti, con la revoca della cittadinanza italiana, per proseguire con il divieto di fissare dimora nel Regno, con l'istituzione di sezione per soli «fanciulli di razza ebraica» e con l'esclusione dalle professioni, per poi culminare nei rastrellamenti e nelle deportazioni nei campi di sterminio nazisti disseminati nei territori soggetti al Reich. Il binario 21 della stazione centrale di Milano è oggi un memoriale di quelle tragiche partenze di cui, all'epoca nessuno conosceva la destinazione e l'orrore che essa avrebbe riservato.

L'Italia dunque fu complice di questo progetto di persecuzione e questo tentativo di eliminazione di un popolo dalla vita dell'epoca e dalla storia.  Una complicità con la quale solo di recentemente il nostro Paese ha iniziato a fare i conti. La cronaca ancora riserva fatti davvero preoccupanti e rigurgiti di odio anche verbale da ascriversi a derive antisemite.

La storia che ritorna

Una storia dentro la storia di un Regime i cui richiami nostalgici in Italia sono tutt'altro che latenti al punto da avere anche recente richiesto l'intervento della Corte di Cassazione per definire la configurazione del reato di apologia del Fascismo. La vicenda è nata dal saluto romano eseguito durante la recente cerimonia di commemorazione della strage di Acca Larentia, in cui il 7 gennaio 1978, un gruppo armato afferente alla estrema aprì il fuoco contro la sede del Movimento Sociale Italiano, uccidendo tre giovani studenti. Un gesto che non più tardi di due anni fa fu "quasi" eseguito anche a Reggio Calabria. Durante la celebrazione del Giorno del Ricordo per commemorare le vittime delle Foibe, fu osservato il rito militare del “presente” come da liturgia fascista. Fu però limitato alla voce e alle tre chiamate e senza il saluto romano con il braccio disteso, come da esplicita raccomandazione.

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Un gesto, per quanto plateale e estremamente rappresentativo, che configura il reato «solo se diventa pericolo per l'ordine pubblico», ha stabilito la Corte. Ciò, fermo il divieto di ricostituire il partito nazionale Fascista previsto nella XII disposizione transitoria, ma altrettanto permanente, della nostra Costituzione nata dalla Resistenza al Nazifascismo come la Repubblica di cui è frutto. Una Costituzione in cui da più parti si medita di togliere dall'articolo 3 la parola “Razza”, laddove si enunciano le possibili cause di discriminazioni rispetto alle quali la Costituzione statuisce invece, senza se e senza ma, l'uguaglianza di tutte le cittadine e i cittadini. La razza è una come l'umanità e quella parola, subito dopo la Guerra e quell’orrore fu necessaria per segnare piena e netta discontinuità rispetto all'orrore appena perpetrato. Anche con la complicità dell’Italia.

I conti aperti con la storia

La necessità di riflessione e comprensione resti intatta anche oggi. La Memoria e la condanna di quanto avvenuto e perpetrato non è in discussione alla luce di quanto accaduto dopo e di quanto sta accadendo oggi a Gaza. È sempre stata tormentata e difficile la convivenza tra israeliani e palestinesi nell'angolo di mondo dove, proprio all'indomani dell'Olocausto e della fine della Guerra, il popolo di Israele sterminato e ferito nel profondo, "ricominciò" la sua vita.

La nascita dello Stato di Israele nel 1948 in un luogo, però, abitato da altri popoli e altre culture. Ecco il vulnus che, complice anche la comunità internazionale, non è stato sanato. Ecco la questione mai compiutamente affrontata e risolta con il più drammatico degli esiti. Nei decenni successivi vite innocenti sono state spezzate e dallo scorso 7 ottobre atroci sono le violenze perpetrate in una guerra che non trova tregua.

Foto a corredo dell’articolo pubblicate su concessione dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria.

Gli estratti dalle Gazzette ufficiali

Qui alcuni estratti delle Gazzette ufficiali sopra citate e custodite dall'Archivio di Stato di Reggio Calabria

 

«All’ufficio di insegnante nelle scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine e grado e nelle scuole non governative non potranno essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorso anteriormente al presente decreto; né potranno essere ammesse all’assistentato universitario, né al conseguimento dell’abilitazione alla libera docenza» - articolo 1

«Alle scuole di qualsiasi ordine e grado, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica» - articolo 2

Regio Decreto Legge del 5 settembre 1938 n. 1390 contenente i provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista, ASRC, Biblioteca, Gazzetta del Regno d’Italia n. 209, pag. 3878

 


«Dalla data di pubblicazione del presente decreto - legge è vietato agli stranieri ebrei di fissare stabile dimora nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo» - articolo 1.

«Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte a stranieri ebrei posteriormente al 1 gennaio 1919 s'intendono ad ogni effetto revocate» - articolo 3

Regio Decreto Legge del 7 settembre 1938 n. 1381 contenente i provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri, ASRC, Biblioteca, Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 208, pag. 3871

 

«Per i fanciulli di razza ebraica sono istituite a spese dello Stato speciali sezioni di scuola elementare nelle località in cui il numero di essi non sia inferiore a dieci. I relativi insegnanti potranno essere di razza ebraica» - articolo 1

 «Le comunità possono aprire, con l’autorizzazione del Ministero per l’educazione nazionale, scuole elementari, con effetti legali, per i fanciulli di razza ebraica» - articolo 2

Regio Decreto Legge del 23 settembre 1938 n. 1630 che istituisce le scuole elementari per i fanciulli di razza ebraica,ASRC, Biblioteca, Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 245, pag. 4446

 

«A qualsiasi ufficio od impiego nelle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private, frequentate da alunni italiani, non possono essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorsi anteriormente al presente decreto; nè possono essere ammesse al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza» - articolo 1.

«Delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti non possono far parte persone di razza ebraica» - articolo 2

«Alle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche o private, frequentate da alunni italiani, non possono essere iscritti alunni di razza ebraica. è tuttavia consentita l'iscrizione degli alunni di razza ebraica che professino la religione cattolica nelle scuole elementari e medie dipendenti dalle Autorità ecclesiastiche» - articolo 3.

Regio Decreto Legge del 15 novembre 1938 n. 1779 ad integrazione e coordinamento in un unico testo per integrare e coordinare in un unico testo le nome già emanate per la difesa della razza nella scuola italiana (ASRC, Biblioteca, Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, pagg.  4927-4928).

 

 

«Art. 1- Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza è proibito. Il matrimonio celebrato in contrasto con tale divieto è nullo.


CAPO II
Degli appartenenti alla razza ebraica
Art. 8. Agli effetti di legge:
a) è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica;
b) è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l'altro di nazionalità straniera;
c) è considerato di razza ebraica colui che è nato da madre di razza ebraica qualora sia ignoto il padre;
d) è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, appartenga alla religione ebraica, o sia, comunque, iscritto ad una comunità israelitica, ovvero abbia fatto, in qualsiasi altro modo, manifestazioni di ebraismo. Non è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del 1í ottobre 1938-XVI, apparteneva a religioni diversa da quella ebraica.

Art. 9. L'appartenenza alla razza ebraica deve essere denunciata ed annotata nei registri dello stato civile e della popolazione.

 

Art. 11. Il genitore di razza ebraica può essere privato della patria potestà sui figli che appartengono a religione diversa da quella ebraica, qualora risulti che egli impartisca ad essi una educazione non corrispondente ai loro principi religiosi o ai fini nazionali.

Art. 12. Gli appartenenti alla razza ebraica non possono avere alle proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini italiani di razza ariana».

Regio Decreto Legge del 17 novembre 1938 n. 1728 relativo ai provvedimenti adottati per la difesa della razza italiana, ASRC, Biblioteca, Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 264, pagg. 4794- 4796 

 

 

«L'esercizio delle professioni di giornalista, medico-chirurgo, farmacista, veterinario, ostetrica, avvocato, procuratore, patrocinatore legale, esercente in economia e commercio, ragioniere, ingegnere, architetto, chimico, agronomo, geometra, perito agrario, perito industriale, è, per i cittadini appartenenti alla razza ebraica, regolato dalle seguenti disposizioni» - articolo 1.

 

«Ai cittadini italiani di razza ebraica è vietato l'esercizio della professione di notaro. Ai cittadini italiani di razza ebraica è vietato l'esercizio della professione di giornalista» - articolo 2.

 

«I cittadini di razza ebraica esercenti una delle professioni di cui all'art. 1, che abbiano ottenuto la discriminazione, saranno iscritti in "elenchi aggiunti", da istituirsi in appendice agli albi professionali, e potranno continuare nell'esercizio della professione, a norma delle vigenti disposizioni, salve le limitazioni previste dalla presente legge» - articolo 3.

«I cittadini italiani di razza ebraica non discriminati, i quali esercitano una delle professioni indicate dall'Art. 1, esclusa quella di giornalista, potranno essere iscritti in elenchi speciali secondo le disposizioni del Capo II della presente legge, e potranno continuare nell'esercizio professionale con le limitazioni stabilite dalla legge stessa» - articolo 4.

 

Legge del 29 giugno 1939 n. 1054 per disciplinare l’esercizio delle professioni da parte dei cittadini di razza ebraica, ASRC, Biblioteca, Gazzetta del Regno d’Italia n. 179, pagg. 3578-358