“La ‘ndrangheta un organismo unitario”, così il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti ha definito l’organizzazione criminale calabrese durante la presentazione della relazione annuale della Direzione Antimafia. un’organizzazione, quindi, amministrata da una sorta di "consiglio di amministrazione della holding" che elegge il suo "Presidente". “Del resto – si legge nella relazione della Dna- era difficilmente ipotizzabile che ad amministrare centinaia di milioni di euro, a governare dinamiche economiche, lecite ed illecite, in decine di comparti diversi e che attraversano, non solo l'Italia, ma buona parte del pianeta (dall'Australia al Sud America, dall'Europa al Nord America passando per tutti i possibili paradisi fiscali ), potesse essere questione affidata allo spontaneismo anarcoide di gruppi criminali disseminati e slegati, di decine e decine di cosche e locali, sorta di piccole monadi auto-referenziali”.

 

In particolare, sul territorio di Reggio Calabria, la relazione evidenzia “ la particolare capacità della ‘ndrangheta cittadina di inserirsi nella gestione delle società miste – pubblico/privato – attraverso cui vengono forniti i principali servizi pubblici alla cittadinanza. In particolare, attraverso una serie concatenata di prestanome, la ‘ndrangheta ha il controllo totale delle quote di spettanza del partner privato e, attraverso la sua capacità collusiva ed intimidatoria, riesce a condizionare la parte pubblica".

 

Traffico di droga - “ Le indagini, svolte dalla Dda di Reggio Calabria, hanno evidenziato la posizione di assoluta primazia della ‘ndrangheta nel traffico internazionale di stupefacenti, traffico che ha generato, e continua a generare, imponenti flussi di guadagni in favore della criminalità organizzata calabrese che reinveste, specie nel settore immobiliare, i proventi di questa attività”.

 

Porto di Gioia Tauro - “Traffico consentito anche e soprattutto dal controllo totalizzante del Porto di Gioia Tauro, ove attraverso una penetrante azione collusiva, gli ‘ndranghetisti riescono a godere di ampi, continui, si direbbe inesauribili, appoggi interni. Giova, sul punto, evidenziare che il Porto di Gioia Tauro, proprio grazie alla situazione che si è appena segnalata, è divenuta la vera porta d’ingresso della cocaina in Italia”.


“Sul punto basterà osservare che nel solo periodo di riferimento (Giugno 2012-Luglio 2013) quasi la metà della cocaina sequestrata in Italia (circa 1600 kg su circa 3700 complessivi ) è stata intercettata proprio a Gioia Tauro”.


'Ndrangheta in Lombardia – In seguito alle numerose indagini della Dda di Milano si può confermare il predominio di organizzazioni criminali di origine calabrese nel territorio “a discapito di altre compagini associative, come quella di origine siciliana”. La 'ndrangheta, dopo anni di insediamento in Lombardia, “ha acquisito un certo grado di indipendenza rispetto all’organizzazione di origine, con la quale ha continuato comunque ad intrattenere rapporti”.


“I suoi appartenenti, infatti, vivendo al nord ormai da più generazioni, hanno progressivamente acquisito una piena conoscenza del territorio e consolidato rapporti con le comunità locali e privilegiando contatti con rappresentanti della politica e delle istituzioni locali. La presenza sul territorio lombardo di strutture 'ndranghetiste e il radicamento nella struttura sociale e negli assetti economici lombardi dà ragione della serie innumerevole di episodi di intimidazione, accertati dall'inizio del 2006 e in qualche modo riconducibili al fenomeno mafioso. Ne è emerso un quadro inquietante - afferma la Dna - costituito da un imponente numero di fatti intimidatori, tutti caratterizzati dall'omertà delle vittime".


‘Ndrangheta in Piemonte – Stesso quadro emerge in Piemonte dove ”praticamente tutti i processi in primo e secondo grado celebrati direttamente a seguito dell’operazione Minotauro del 2011 o a seguito di indagini ad essa collegate hanno visto una significativa affermazione delle tesi di accusa sostenute, con la condanna della gran parte degli imputati per il delitto di cui all’art. 416 bis”.


‘Ndrangheta in Emilia - “Qui è stata accertata l’esistenza”, si legge, “di un potere criminale di matrice ‘ndranghetista la cui espansione, al di là di ogni pessimistica previsione, vede coinvolgimenti con apparati politici, economici ed istituzionali”. L’infiltrazione ha raggiunto un livello tale per cui si può ora parlare di un vero radicamento. “Quella che una volta era orgogliosamente indicata come una Regione modello di sana amministrazione ed invidiata per il buon livello medio di vita dei suoi abitanti, oggi può ben definirsi ‘terra di mafia’ nel senso pieno della espressione, essendosi verificato quel fenomeno cui si era accennato nella relazione dello scorso anno, quando si era scritto di una infiltrazione che ha riguardato, più che il territorio in quanto tale con una occupazione militare, i cittadini e le loro menti; con un condizionamento, quindi, ancor più grave”. In Emilia “la ‘ndrangheta parla l’accento della zona di Crotone che si fonde con quello locale, ed è specificamente riferibile, al potente sodalizio mafioso di Cutro”.


‘Ndrangheta in Liguria - Le indagini hanno confermato la presenza in Liguria di alcune "locali" di `ndrangheta. “Tali strutture allo stato sembrano essere attive specie, ma non solo, nel ponente ligure con un consolidato insediamento di esponenti criminali legati in qualche misura alla 'ndrangheta in grado di condizionare l'operato di alcuni amministratori locali e di incidere sulle attività imprenditoriali segnatamente svolte da quelle piccole o medie imprese che costituiscono il tessuto economico prevalente dell'intera area. La sentenza, che può definirsi “storica”, perché è la prima emessa in Liguria che riconosca sul territorio la sussistenza di locali di 'ndrangheta sul territorio ligure, in particolare nel ponente, è stata emessa il 7 ottobre 2014”.