Un colpo alle attività del clan di ‘ndrangheta dei Gallace, un intervento sulle sue propaggini operative, nel cuore dell’organigramma della cosca «più radicata nel territorio del Basso Jonio catanzarese, un'organizzazione criminale che ha dimostrato negli anni un'estrema effervescenza, un continuo asfissiante controllo del territorio capace di garantire anche lunghi periodi di latitanza a esponenti di vertice dell’organizzazione». Così il procuratore facente funzioni della Dda di Catanzaro Vincenzo Capomolla “presenta” l’inchiesta che oggi ha portato a 44 arresti e permesso di ricostruire gli ambiti in cui la storica ’ndrina sarebbe stata operativa.

Anche imprenditori tra i fiancheggiatori del boss latitante

«Nel corso di queste indagini – spiega Capomolla – si è riusciti a individuare, a localizzare e ad arrestare alcuni soggetti tra cui il vertice dell'organizzazione criminale, alcuni che si erano sottratti a ordinanze di custodia cautelari e anche ordini di esecuzione di pena. Questo lavoro investigativo ha consentito anche di tracciare il quadro della rete di relazioni della quale poteva godere l'organizzazione criminale sul territorio». Il riferimento è alla latitanza di Damiano Cosimo Gallace, che si era sottratto all’arresto disposto nell’inchiesta Molo 13. Gli approfondimenti investigativi hanno permesso di individuare nella rete di fiancheggiatori anche imprenditori che avrebbero messo a disposizione alloggi e ogni comfort al vertice della locale «come segno di devozione», come sottolineato dal procuratore aggiunto Giancarlo Novelli.

Gli agganci del clan nella società civile

Una triste scoperta (o forse una conferma): l’inchiesta «ha dimostrato l'esistenza di un tessuto inserito nella società civile su cui l'organizzazione criminale ha potuto contare».
L'operazione di oggi, continua il magistrato, «oltre all'organigramma dell'organizzazione del locale di Guardavalle ha consentito di individuare una serie di elementi che il controllo asfissiante sul territorio attraverso azioni di intimidazione brutali: in alcune conversazioni c'è la dimostrazione di questa protervia. Gli esponenti dell'organizzazione criminale quasi intimavano ai loro interlocutori che avrebbero potuto pensare soltanto se glielo avessero concesso, questo è un aspetto che è estremamente significativo anche del fatto che l'organizzazione criminale era in grado veramente di controllare tutto sul territorio».
«A livello indiziario si è dimostrato l'esistenza di accordi preelettorali che evidenziano una subalternità dei soggetti che si candidavano alle elezioni comunali e quindi di una adesione alle aspirazioni dell'esponente della cosca di ‘ndrangheta che costituiva sostanzialmente il regista di questa operazione elettorale» ha sottolineato il procuratore ff di Catanzaro Vincenzo Capomolla. «Abbiamo registrato anche condotte violente e minacciose e intimidazioni che venivano esercitate nei casi in cui la condotta dell'ente non era così adesiva alle aspettative dell'esponente criminale».

Il condizionamento delle elezioni a Badolato

C’è poi il filone politico dell’inchiesta che dà conto di quanto il controllo del territorio abbia «riguardato purtroppo ancora una volta la capacità di condizionamento sia della campagna elettorale per le elezioni amministrative di Badolato nel 2021 sia, poi, l'attività dell’ente». Una parte dell'attività di indagine «registra questa capacità di infiltrazione nella pubblica amministrazione fin dai momenti relativi all'aggregazione del consenso per le elezioni degli organismi comunali». E poi ci sono «le relazioni organiche con l'organizzazione criminale di un imprenditore sul territorio che operava attraverso una serie di aziende interessate anche dal decreto di sequestro d'urgenza che è stato eseguito in concomitanza con la misura cautelare».

Secondo la ricostruzione degli inquirenti in occasione delle consultazioni elettorali dell'ottobre del 2021 vi sarebbero stati accordi prelettorali con esponenti della cosca Gallace per il procacciamento dei voti. In particolare sarebbe stata creata una lista civetta con la regia di un imprenditore locale per superare il problema del raggiungimento del quorum elettorale.

Il traffico di armi dai Balcani

Gli interessi della cosca ruotavano anche intorno a quelli che sono i traffici tradizionali dell'organizzazione criminale, come il traffico di armi. Il procuratore aggiunto Giancarlo Novelli si è soffermato su questo aspetto e ha spiegato che i Gallace avevano attivato rifornimenti dalla Serbia e dal Montenegro: «Armi comuni e da guerra, parte di arsenali abbandonati dopo le guerre nei Balcani». Tra le armi oggetto di contrattazione per come emerso dalle chat della locale di Guardavalle decriptate dagli investigatori ci sono fucili da cecchino, pistole con il silenziatore, kalashnikov, fucili militari mimetici.

Il contrabbando di sigarette

L’interesse della cosca si estendeva anche al contrabbando di sigarette, «in questo caso – specifica Capomolla – attraverso la rotta balcanica con la Turchia: c’era questa capacità di interfacciarsi e di interloquire con esponenti greci e turchi per operare nel contrabbando anche di sigarette, oltre che ovviamente sono tutti creati in materia di stupefacenti».