L’ufficio del vescovo di Mileto, Nicotera e Tropea interviene dopo la richiesta di rinvio a giudizio dei sacerdoti accusati di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose
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Clamorosa presa di posizione della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, che smentisce la ricostruzione degli inquirenti in merito alla presunta estorsione che vede indagati due sacerdoti, per i quali oggi è stato chiesto il rinvio a giudizio.
«Al contrario di quanto apparso sulla stampa, non è stato don Maccarone a minacciare il debitore, evocando l'intervento di chissà chi, ma è stato questo a raggirare il sacerdote e a tentare ogni ricatto registrando a sua insaputa conversazioni telefoniche, il cui contenuto è stato artatamente alterato e artificiosamente interpretato fino ad accusarlo di messaggi a sfondo sessuale con la figlia disabile e cose del genere, con minaccia per di più di rendere pubblici quei messaggi». È quanto si afferma in una nota diffusa in serata dalla Diocesi guidata dal vescovo Luigi Renzo.
«Il tutto - prosegue il comunicato - finalizzato chiaramente a trovare una scusa e non restituire il denaro. È grave ed immorale da parte di un padre giocare con la onorabilità di una figlia per soldi. Capito il soggetto e vista l'impossibilità di riavere il denaro prestato, don Maccarone e De Luca hanno inteso tagliare completamente i ponti con il debitore rinunciando a tutto il dovuto. In risposta il tale ha provveduto ad inventare un'accusa inesistente e a denunciare alla Dda la falsità dell'accaduto, per di più con l'aggravante mafiosa».
I sacerdoti coinvolti sono Graziano Maccarone, 41 anni, segretario particolare del vescovo di Mileto; e per Nicola De Luca, 40 anni, di Rombiolo, reggente della Chiesa Madonna del Rosario di Tropea. Sono entrambi indagati con l’accusa di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose, per aver costretto con violenza o minaccia R.M. a restituire una somma di denaro ammontante ad 8.950 euro, ricevuta in prestito dai due prelati Nicola De Luca e Graziano Maccarone (rispettivamente 2.050,00 euro e 6.700 euro) per estinguere un debito originariamente contratto dal debitore e da una sua figlia con una terza persona.
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