Il collaboratore Roberto Presta ha consegnato un documento ai magistrati antimafia nel quale parla di un organismo dei clan che gestirebbe lavori pubblici, sanità ed altri affari. I particolari li avrebbe appresi parlando in carcere con pezzi grossi delle cosche reggine e crotonesi
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«In Calabria esiste una commissione di ‘ndrangheta collegata con politica, massoneria e servizi segreti che gestisce lavori pubblici, sanità e centri di potere». È l’incipit del memoriale a firma Roberto Presta, uno degli ultimi pentiti cosentini, il primo a fuoriuscire dal clan di Roggiano Gravina che porta il suo nome. L’uomo, infatti, è cugino di Franco Presta e fratello di Antonio che, secondo gli investigatori, sono rispettivamente boss e vice della consorteria criminale che regna sulla Valle dell’Esaro in provincia di Cosenza.
Le due massonerie
Roberto Presta, nom de crime “Hobby”, collabora con la giustizia da poco più di un anno e in questo lasso di tempo è stato sentito più volte dai magistrati della Dda. A loro ha consegnato anche una serie di appunti che valgono un po’ come dichiarazione d’intenti poiché in essi sono riassunte un po’ tutte le malefatte di cui è a conoscenza, non solo quelle compiute dal suo ex gruppo. Quel manoscritto, omissato in più parti, è ora allegato agli atti dell’ultima inchiesta antimafia contro le cosche cosentine. Si tratta di un documento esplosivo poiché adombra l’esistenza della cupola descritta in apertura che, a detta del pentito, solo nella provincia cosentina sarebbe operativa da quasi trent’anni. E dai frammenti dei verbali sfuggiti alla censura degli inquirenti, si evince come la stessa vanti anche collegamenti con la massoneria di Catanzaro. Tale sistema, riferisce “Hobby”, può contare sulla complicità di giudici «che aggiustano sentenze» e di uomini in divisa che fungono da talpe negli uffici giudiziari.