Dopo un iter giudiziario lunghissimo, ben sette anni, durante il quale si sono succedute numerose decisioni da parte dei giudici di merito e di legittimità, è stata riconosciuta la legittimità di tutti i beni di proprietà della famiglia Saraco.

Tutto inizia nel 2016, quando i beni della famiglia Saraco vengono attinti da due diversi provvedimenti di sequestro. L’uno pronunciato dal Tribunale della prevenzione, l’altro dal Tribunale penale di Catanzaro nell’ambito di un processo in cui era imputato Antonio Saraco, imprenditore coinvolto, e poi condannato, nella gestione del porto di Badolato. Fin dalla fase iniziale la famiglia Saraco, a mezzo dei propri difensori, aveva chiesto che venisse disposta una perizia finalizzata ad accertare se tra le possidenze e le personali entrate economiche vi fosse sperequazione.

Nello stesso tempo veniva prodotta copiosa documentazione ritenuta idonea a dimostrare la legittimità di ogni provento economico. La vicenda, una volta intervenuta confisca da parte del Tribunale Penale, purtroppo degenerava in quanto, nelle more del giudizio in appello, interveniva il provvedimento di revoca del sequestro dei beni appartenenti ai familiari di Antonio Saraco mentre, con lo stesso provvedimento, veniva confermato il sequestro dei beni di quest’ultimo. Tale ordinanza, a seguito di quanto accertato dalla Procura della Repubblica di Salerno, risultò il frutto di una corruzione ben nota alle cronache giudiziarie per tutte le ramificazioni, in punto di responsabilità penali, che si ebbero.

Sta di fatto che finanche tale ordinanza, una volta revocata dal Tribunale del Riesame di Catanzaro a seguito di impugnazione della Procura Generale di Catanzaro, fu ritenuta legittima dalla Corte di Cassazione, a seguito di ricorso interposto dall’avvocato Giuseppe Della Monica di Salerno per conto dei familiari di Saraco, che annullò il provvedimento del Tribunale del Riesame.

Nello stesso tempo il Tribunale Misure di Prevenzione di Catanzaro dispose altra confisca, sempre sugli stessi beni, depositando, però il decreto di confisca oltre il termine massimo consentito. Per questa ragione il decreto di sequestro, su istanza dell’avvocato Sergio Scicchitano del Foro di Roma, difensore della moglie di Saraco, fu dichiarato inefficace. Da qui, benché i beni fossero stati comunque confiscati, una nuova richiesta di sequestro che fu accolta dal Tribunale Misure di Prevenzione, in diversa composizione del primo.

Tale decreto di sequestro è stato, quindi, impugnato, anche, per abnormità, dall’avvocato Francesco Gambardella, difensore di Antonio Saraco e dall’avvocato Giuseppe Della Monica, per i terzi interessati, con il risultato dell’annullamento del sequestro da parte della Corte di appello che aveva ritenuto fondate le ragioni poste a fondamento degli atti difensivi. Tale decreto della Corte di Appello è stato poi confermato dalla Corte di Cassazione a cui aveva fatto ricorso il Procuratore Generale di Catanzaro.

In particolare, nell’ambito di due diversi ricorsi del PG, con il patrocinio dei difensori avvocato Gambardella ed avvocato Della Monica, la Corte di Cassazione riconosceva la legittimità del decreto con cui la Corte di Appello aveva revocato il nuovo decreto di sequestro. Nel frattempo, nel 2021, sempre la Corte di Cassazione, pur confermando la condanna di Antonio Saraco, ne accoglieva il ricorso limitatamente alla disposta confisca dei beni in sede penale, annullando la sentenza della Corte di Appello e disponendo un nuovo giudizio sul presupposto che la confisca presentava profili di illegittimità per non aver tenuto conto della documentazione fiscale che presentava una realtà economica diversa da quella paventata.

Il giudizio di rinvio dalla Corte di Cassazione si è concluso il 25 maggio scorso, con la restituzione di tutti i beni a favore di Antonio Saraco e di tutti suoi familiari. Nel corso della discussione il Procuratore Generale aveva chiesto la conferma del sequestro criticando una perizia, nel frattempo disposta dal giudice della prevenzione, che concludeva nel senso di dichiarare legittimi tutti i beni dei Saraco. A conclusioni difformi, invece, sono pervenuti i difensori degli interessati.

L’avvocato Francesco Gambardella per Antonio Saraco e gli avvocati Giuseppe della Monica, Giusy Caliò, Raffaella Talotta e Sergio Scicchitano per i terzi interessati, invece concludevano per la restituzione di tutti beni evidenziando, tra l’altro, che la perizia disposta soltanto nel giudizio di appello, era definitivamente tranciante per escludere qualsiasi dubbio sulla assoluta legittimità dell’intero patrimonio della famiglia Saraco.