Un imprenditore del reggino, Damiano Bonfà, ha annunciato che a settembre chiuderà le sue attività, il centro commerciale Europa 2000 e l'agriturismo Donna Beatrice, a Bianco, ed il trasferimento in Canada a causa di un caso di «malagiustizia che va avanti da 30 anni».


«Le vicende giudiziarie - scrive Bonfà in una nota - sono iniziate per la denuncia di un parente di mia moglie, titolare di un'attività di vendita tabacchi il quale, per sei anni, quasi ogni settimana, ha trovato comodo avere contanti previo rilascio in mio favore di assegni di pari importo, per versarli al Monopolio dello Stato per reintegrare i tabacchi venduti. Il soggetto mi ha denunciato nel 1991 per usura ed estorsione per i quali sono stato condannato a due anni di reclusione ed al risarcimento del danno da quantificare in sede civile. I gravissimi errori dei giudici penali sono emersi nel giudizio civile e, tuttavia, il giudice del Tribunale di Locri, anziché prenderne atto e non riconoscere alcunché alla controparte, mi condanna al pagamento di oltre 100 mila euro. In buona sostanza gli errori sono stati evidenziati da due consulenze tecniche fatte eseguire dai vari giudici che hanno trattato il fascicolo del civile, dove i periti affermano che il mio accusatore non solo non ha pagato interessi, ma nemmeno il capitale».


L’imprenditore settantenne afferma ancora di essere emigrato da giovane in Canada per un decennio che, rientrato in Patria, «con i risparmi accumulati, ha avviato un'attività commerciale nei luoghi natii di Calabria, terra tanto meravigliosa, quanto maltrattata. Io e la mia famiglia, 5 figli e 9 nipoti, da oltre 47 anni viviamo in una realtà ambientale assai difficile e dove l'attività d'impresa è cosa ardua, vessati da giudici che invece dì accertare la verità dei fatti, hanno dato credito a un mare dì bugie e falsità».

Bonfà denuncia anche di essere stato vittima «negli ultimi trent'anni di numerosissimi atti di criminalità, tra i quali anche un tentato sequestro dì persona, tutti denunciati all'autorità giudiziaria. Con la mia famiglia siamo pronti ad incatenarci davanti al Tribunale di Locri per gridare la nostra innocenza e la nostra onestà».