Per far entrare in Italia un carico di cocaina proveniente dalla Colombia, avrebbero sfruttato un canale diplomatico offerto loro da un politico africano. Non un politico qualunque, ma addirittura un ex segretario di Stato della Guinea-Bissau. Incredibile, ma vero. Tra le amicizie vantate dal gruppo Forastefano-Abbruzzese di Cassano allo Ionio (Cs), ci sarebbe anche quella con Melem Bacai Sahna Jr., esponente del Paigc (Partito africano per l’indipendenza di Guinea e Capo Verde) e figlio omonimo di genitore illustre: suo padre, infatti, fu presidente della Repubblica del piccolo Stato dell’Africa occidentale dal 2009 al 2012, anno della sua morte. Il suo presunto coinvolgimento emerge da alcune intercettazioni confluite nell’inchiesta “Gentlemen II” e raccolte grazie a una microspia piazzata sull’auto di Claudio Franco Cardamone. Quest’ultimo, noto con l’appellativo di “Marine”, è il punto di riferimento in Germania del gruppo criminale calabrese, sospettato di fare da tramite fra il cartello di Medellin e quello sibarita per far sì che i carichi di cocaina, in partenza dal Sudamerica, arrivino senza intoppi sulla costa jonica cosentina. Già, ma su quale rotta? Ed è qui, secondo gli investigatori, che almeno in una circostanza entra in gioco Sahna

Il 27 novembre del 2021, infatti, lui e Cardamone si incontrano a Francoforte sul Meno. Il guineano ci arriva in treno da Parigi e per gli investigatori quel viaggio ha una finalità ben precisa: «Definire il progetto d’importazione dello stupefacente». Durante il tragitto in auto, Cardamone gli parla dei suoi «amici colombiani», di qualcosa che hanno già fatto «nella Repubblica Dominicana» e che non è stato poi possibile ripetere sia a causa della pandemia che di un evento imprevisto e «molto forte» che si è verificato. Non spiega quale, ma poi aggiunge: «Ho molte persone che vogliono fare qualcosa». «Anche noi vorremmo farlo da qui, dall’Africa», s’inserisce il passeggero, ma a quel punto il cosentino esita: «Non mi piace parlare in macchina» spiega al suo ospite illustre, ironizzando su eventuali intercettazioni che farebbero passare il «lavoro pulito» come «cose non buone».  «Non si tratta solo della polizia di qua – aggiunge Cardamone – Noi calabresi siamo una comunità molto grande e forte a Francoforte. Ci sono poliziotti che vengono dal mio Paese per spiegare il nostro dialetto alla polizia tedesca». Il politico sembra sorpreso: «Ah, bene…io pensavo che era molto più sicuro».  

Un dialogo criptico, ma che per gli investigatori rimanda «inequivocabilmente» a un progetto: quello di far entrare la cocaina in Italia dal Portogallo o in alternativa dall’Africa. A un certo punto il guineano riceve una telefonata e dopo aver chiuso con il suo interlocutore, si rivolge a Cardamone dicendogli che sta «trattando un affare che riguarda il petrolio». «Si fanno soldi con il petrolio?» gli chiede il calabrese ingolosito. «Sì, se consegui buoni clienti». Segue un botta e risposta tutto da interpretare: «Chi te lo compra questo petrolio?». «In questo caso.. [parola incomprensibile].. e Corea». «Corea del Nord?». «No, Corea del Sud».   
Un mese più tardi, tornato in Germania per incontrare nuovamente il suo contatto calabrese in Germania, Melem Bacai Sahna Jr. sarà fermato e identificato dalla polizia di Francoforte. All’atto del controllo, mostrerà loro un passaporto diplomatico. Le intercettazioni in questione sono inserite nei documenti dell’inchiesta della Dda di Catanzaro, ma lui non figura fra gli odierni indagati. Gli atti che lo riguardano, infatti, afferiscono a un procedimento penale instaurato «presso l’autorità giudiziaria tedesca». Il suo Paese d’origine, un tempo colonia portoghese, ha ottenuto l’indipendenza nel 1974. Già da allora, gli investigatori di tutto il mondo lo considerano una sorta di hub per il traffico di droga tra l’America latina e l’Europa.