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Ventitré persone optano per il rito abbreviato. Gli altri saranno giudicati con quello ordinario. Inizia a prendere forma il processo alle cosche di Villa San Giovanni. Ieri, nelle aule del Cedir, l’udienza preliminare per gli imputati del processo “Sansone”, che vede alla sbarra i presunti vertici dei clan della città dello Stretto. E sono proprio le posizioni più importanti che hanno deciso di farsi giudicare sulla base degli atti raccolti dall’accusa. Il rito abbreviato, come si ricorderà, prevede lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna.
La scelta dell’abbreviato
Saranno giudicati dal gup Aragona: Araniti Carmelo, classe 1957,Battaglia Michele, classe 1982, Bertuca Felicia, classe 1955, Bertuca Pasquale, classe 1957, Bertuca Vincenzo, classe 1950, Condello Domenico, classe 1972, Condello Luciano, Cristiano Vincenzo, classe 1967, Giustra Francesco, classe 1978, Idone Alessandro, classe 1981, Idone Antonino, classe 1976,Malara Giovanni, classe 1972, Plutino Antonino, classe 1970, Riniti Antonino, classe 1962, Ripepi Giuseppe, classe 1983, Romeo Maria Caterina, classe 1951, Scarfone Alberto, classe 1989, Scarfone Rocco, classe 1989, Sottilaro Antonino, classe 1946,Sottilaro Francesco, classe 1976, Sottilaro Vincenzo, classe 1985, Viglianisi Domenico, classe 1961, Zito Domenico, classe 1954. Per il resto occorrerà attendere la fine dell’udienza preliminare, per comprendere quali imputati saranno rinviati a giudizio e quali eventualmente prosciolti.
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L’inchiesta “Sansone”
L’indagine della Dda di Reggio Calabria, coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dal pm Walter Ignazitto, nasce a seguito della cattura del superlatitante Domenico Condello “u pacciu”, avvenuta nel 2012. Proprio dagli atti che portarono a scoprire il covo del capo del clan di Archi, venne fuori una rete di fiancheggiatori che consentì al boss di rimanere latitante per molto tempo. Emersero numerosi indizi a carico delle cosche di Villa San Giovanni. Si tratta di quelle storicamente egemoni sul territorio: Zito-Bertuca e Buda. Gli imputati devono rispondere di associazione mafiosa, detenzione illegale di munizioni e armi comuni e da guerra, procurata inosservanza di pena, favoreggiamento personale, minaccia, danneggiamento e incendio. Il tutto con l’aggravante mafiosa. Nella rete della giustizia finirono anche imprenditori e professionisti.
Il pentito che scompagina le carte
Pochi giorni dopo l’esecuzione dei provvedimenti della Dda, ecco arrivare un nuovo collaboratore di giustizia. Si tratta di una persona che non aveva incarichi di vertice, ma faceva da trait d’union fra le cosche e gli imprenditori taglieggiati. Vincenzo Cristiano decide di vuotare il sacco e le sue dichiarazioni finiscono per confermare, per buona parte, l’assetto criminale ricostruito dagli inquirenti. Enzo Cristiano, però, è anche persona che conosce abbastanza bene il mondo politico a Villa San Giovanni. Ha frequentato per diverso tempo alcune segreterie e raccattato voti. Ecco perché quello che sta raccontando ai magistrati, potrebbe aprire più di uno squarcio all’interno della vita non solo imprenditoriale della città dello Stretto, ma anche quella politica. Saranno tutte parole da verificare con la dovuta attenzione, tuttavia, i tasselli che si stanno componendo in quest’ultimo periodo, lasciano pensare che l’attività della magistratura, forse, non sia ancora finita. Intanto “Sansone” approda in aula e sarà lì probabilmente che si potranno comprendere queste prime dinamiche.
Consolato Minniti