«Costa un occhio della testa, ma i risultati sono sempre più scadenti. C’è qualcosa che non torna nel servizio di vigilanza della Regione Calabria». È quanto afferma il sindacato Csa-Cisal in una nota stampa.

 

La sigla sindacale più volte (ad esempio, recentemente sulle problematiche legate alla possibile diffusione del Covid-19) «ha segnalato gli scarsi se non nulli controlli operati dall’aggiudicataria dell’appalto che dovrebbe tenere al sicuro gli uffici e i dipendenti regionali. Tanti accessi senza filtri, persone esterne libere di scorrazzare lungo i corridoi e le stanze dell’Ente. A quanto pare – specifica - se ne è accorto anche chi di dovere. La cornice è intrigante, parliamo infatti di una gara aggiudicata a maggio del 2019, il cui servizio dura per 3 anni, per un valore di oltre 4,8 milioni di euro (esclusa Iva). Dunque, oltre 1,6 milioni di euro all’anno di media (sempre escluso Iva). Davanti a queste cifre astronomiche ci si aspetterebbe un “bunker”, ed invece».

«Ingressi incontrollati e personale in sovrannumero»

La Csa-Cisal evidenzia: «Il dirigente del settore “Economato”, Raffaella Starace, e il Dec (Direttore dell’esecuzione del contratto), Donato Belcastro, hanno firmato una nota congiunta dal contenuto esplosivo. Il documento, che porta la data del 5 agosto, chiama in causa l’Rti (raggruppamento temporaneo di imprese) composto dalla Sicurtransport e dalla Torpedine, in qualità di affidatario del contratto di vigilanza. “Il settore Economato – si legge nell’atto – ha lamentato un evidente e costante indebolimento del servizio manifestatosi con ingressi incontrollati e presenze di personale esterno, spesso, in sovrannumero rispetto ai protocolli Covid, prima, e alle esigenze di protezione di obiettivi sensibili, poi”. Non è dunque un’impressione generica e campata per aria quella degli scarsi controlli sugli accessi – insiste il sindacato Csa-Cisal –, ma una realtà scolpita per iscritto da chi, per conto della Regione, è preposto alla vigilanza sull’applicazione del contratto. La nota regionale si fa ancora più dura: “Tali disservizi sono apparsi evidenti in coincidenza dell’assenza in Cittadella, prolungata ed immotivata, del referente aziendale per la commessa”. In pratica, con il venir meno di questa figura è stato “Scialapopolo”». 

«L’orario di lavoro»

E, a giudizio del sindacato, «più si va avanti nella lettura del documento e più arrivano le cannonate». «“Relativamente alla gestione del personale aziendale impegnato nella commessa – si legge ancora –, ha raccomandato il rispetto pieno ed incondizionato del Ccnl, specie in materia di orario di lavoro e dispositivi individuali di protezione, e l’impiego corretto dei sussidi a sostegno del reddito e dell’occupazione”. Questo è un punto che sta particolarmente a cuore al sindacato Csa-Cisal. Cosa vuole dire questo passaggio del documento? Forse non è concesso ai dipendenti il recupero psicho-fisico minimo previsto dalla legge? Come funziona la turnazione degli addetti? È proprio il caso che l’Rti chiarisca questi dubbi».

Il contratto fra Regione e le ditte

Ma i guai non sono certo finiti qui. La reprimenda a firma del dirigente del settore “Economato” e del Dec si spinge molto avanti. «“In ultimo, ma non per importanza, ha mosso puntuali rilievi – si legge nella nota, facendo riferimento ad una precedente comunicazione del 27 luglio – in ordine al mancato aggiornamento tecnico prospettato dal Raggruppamento nella propria offerta, oggetto di valutazione in fase di gara, e confermato in sede di sottoscrizione del contratto”».  In sostanza,  spiega il sindacato Csa-Cisal, «il contratto fra Regione e ditte della vigilanza prevedeva un progressivo innalzamento dei livelli delle prestazioni. Ma invece stiamo assistendo al contrario. “Il Settore, quindi – si legge ancora nel documento del 5 agosto –, ha diffidato l’RTI a innalzare, con urgenza, i livelli di sicurezza in tutti gli uffici regionali anche mediante il ripristino del coordinamento assicurato dal referente. Analogamente ha stabilito un termine congruo di 45 giorni, dalla data odierna, per l’esecuzione dei lavori di implementazione tecnologica”. Ebbene, nonostante ci avviciniamo a metà settembre l’Rti non ha inteso dar seguito formale (né sostanziale) a quanto appena gravemente denunciato dall’Ente. Nemmeno un incontro da allora: un comportamento di una “sufficienza” disarmante. Non sarà un caso se come ultimo avvertimento viene scritto: “Il Settore, in caso di perdurante inadempienza contrattuale totale o parziale, ha fatto riserva di agire con ogni mezzo consentito dalla legge per la tutela degli interessi dell’Ente Regione”».

I compiti del servizio vigilanza

I sindacati quindi commentano: «È piuttosto evidente che quanto scritto dalla Regione è un atto di devastante gravità. Fermo restando che non tocca certo al sindacato dire se le due (o una società più dell’altra) siano inadempienti rispetto al contratto, essendoci appunto le figure regionali che si occupano di questo, di certo non possiamo che confermare l’impressione di controlli sempre più all’acqua di rose effettuati dagli addetti alla vigilanza. Non ci stancheremo di ripeterlo: in questo momento dove bisogna essere più attenti sulle regole anti-contagio per il Covid-19 questa insipienza rischia di diventare fatale. Certo, guardando alla cifra che si spende, in media circa 135mila euro al mese, c’è da rimanere amareggiati per il servizio reso. Peraltro, si tratta di vigilanza armata (che come ovvio costa di più)».

 

E ancora: «Conti alla mano sono 28 gli addetti in totale: 16 impiegati in Cittadella regionale e altri 12 nelle altre sedi periferiche (di Reggio Calabria, Cosenza, Crotone e l’ex Comalca per la sede della Protezione civile). Chi si aspettava uffici regionali blindati si è trovato con lascivia. Più che da vigilantes, gli operatori sono impiegati per il servizio “portierato”. Un’attività certo importante (ed in parte prevista dal contratto) ma che comunque non può esaurire tutti gli altri compiti per cui le due imprese sono profumatamente pagate con soldi pubblici, che sono: “vigilanza e videosorveglianza degli edifici, degli spazi esterni e degli impianti”; “controllo accessi”; “vigilanza antintrusione”; “custodia e conservazione delle strutture, infrastrutture e dei beni materiali”; “prevenzione e riduzione del rischio di danni materiali, derivanti da qualsiasi evento”; “salvaguardia dell’incolumità fisica del personale dipendente e dei soggetti comunque presenti presso le sedi oggetto dell’appalto”».

Le proposte del sindacato

Le proposte per evitare queste disfunzioni non mancano. «Anzitutto – afferma la sigla sindacale - per arginare questa trasformazione esclusiva di addetti della vigilanza in ufficio front-office, è necessario che la Regione predisponga un progetto per affiancare chi realmente dovrebbe stare alla reception per fornire quanto meno le “prime informazioni” ai visitatori, ai soggetti che hanno bisogno di assistenza e poi interloquire con i vari uffici regionali. Basterebbe un avviso di mobilità destinato ai dipendenti regionali (con un adeguato periodo di formazione) per reperire le risorse umane giuste, così che la vigilanza si concentri di più sulla sicurezza. Inoltre – aggiunge il sindacato Csa-Cisal –, crediamo sia giunta l’ora che le ditte effettuino una rotazione del personale fra le varie postazioni. Si sono create situazioni amicali e confidenziali con dipendenti, dirigenti e addirittura visitatori abituali. Sono trascorsi 45 giorni dalla “forte” comunicazione nei confronti dell’Rti che avrebbe dovuto spiegare le anomalie messe per iscritto dalla dirigente regionale e dal Dec, forse sarebbe il caso che la Regione pretenda risposte in maniera ancora più energica. Suggeriamo infine all’Amministrazione di fare tesoro di queste disfunzioni dell’attuale appalto sulla vigilanza per correggerli nel prossimo bando di gara. Finora – conclude il sindacato–, abbiamo avuto un servizio “distratto e costoso”. Così non va».