Ieri, su ulteriore istanza del suo difensore avvocato, Giuseppe Nardo del Foro di Reggio Calabria, il Tribunale di Sorveglianza di Milano, ha prorogato di un altro anno, che si aggiunge ai precedenti cinque di cui ha già goduto, la detenzione domiciliare a Giulio Lampada.

I giudici del Tribunale, persuasi dopo la discussione in camera di consiglio dall’avvocato Nardo, hanno accolto la tesi difensiva secondo cui Giulio Lampada è incompatibile con il regime carcerario e pertanto deve rimanere ancora a casa sua.

 

L’ascesa umana e professionale del Lampada, imprenditore originario di Archi, trasferitosi a Milano alla fine degli anni ’90, dove ha costruito un impero economico nel campo della ristorazione e del gioco d’azzardo, si bloccò nel novembre 2011 quando venne arrestato perché ritenuto il capo di una associazione a delinquere di stampo mafioso operante nel territorio di Milano, quale espressione della cosca Condello, della quale avrebbe riciclato un enorme flusso di capitali, investiti, in particolare nel lucroso mercato delle slot machine.

 

L’inchiesta, coordinata dall’allora procuratore aggiunto Boccassini e dal pm Paolo Storari della Dda di Milano, vide coinvolti oltre al Lampada ed ai componenti della sua famiglia di origine e di quella acquisita dei Valle, anche noti politici di livello nazionale e regionale, magistrati reggini, componenti della guardia di finanza milanese, imprenditori, avvocati e medici che finirono tutti in manette con accuse gravissime ed infamanti, e si concluse con la condanna del Lampada a 14 anni e 5 mesi di carcere e con quella degli altri a pene consistenti.

In particolare, tra l’altro, fece scalpore la vicenda della corruzione di magistrati e finanzieri il cui epilogo, oltre alle condanne, portò al suicidio di uno dei due giudici arrestati.

Lampada, arrestato nel novembre del 2011 venne ammesso agli arresti domiciliari la prima volta nel 2014, e da allora così sta proseguendo.