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Il Premio letterario “Tropea” ha ospitato, nella prima serata in largo Galluppi, il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri. Un apprezzato intervento che ha suscitato interesse anche in ragione del recente scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose negli organi elettivi.
Mafia, il Consiglio dei ministri scioglie il Comune di Tropea
Inevitabile, dunque, il diretto riferimento: «Di solito un magistrato non commenta mai il lavoro di un collega, ma è ovvio che quando si preparano le liste nei paesi piccoli, chi le compone sa chi sceglie. Le liste vengono fatte in base al numero delle parentele. Non voglio riferirmi allo scioglimento del Comune di Tropea, ma è questo quello che accade in genere. I patti col diavolo, i politici, i candidati, sia ai Comuni, sia alle Regionali e alle Politiche, si fanno nelle ultime 48 ore, quando al candidato viene l’ansia di non essere votato. E i patti col diavolo non si sciolgono mai, quindi bisogna non farsi prender l’ansia di non essere eletti, ma la volta successiva bisogna farsi trovare preparati».
Sul “Perché non cambia nulla” il procuratore ha illustrato perfettamente la situazione tipo. Con lo scioglimento - in linea generale - si eliminano gli amministratori, ma non i quadri, spesso risultato di quella maggioranza politica. Molti, infatti sarebbero i responsabili di settore, collettori tra lo ‘ndranghetista e l’amministrazione: «Andrebbe rivista la norma in modo che possano essere rimossi anche i funzionari comunali. C’è chi vorrebbe cacciare solo il candidato che ha avuto rapporti con la ‘ndrangheta. Ma è troppo facile, perché senza i suoi voti non ci sarebbe stato il sindaco. Io proporrei di eliminare tutti i soggetti border line».
Quindi focus sul fenomeno, il consenso sociale di cui gode, la capacità della mafia di mimetizzarsi e di evolversi con la società. Una partita “in pareggio” tra Stato-mafia: «Noi non dobbiamo misurare i successi dello Stato dal numero degli arrestati. Spesso indagini mediocri vengono veicolate come grandi risultati e spesso i giornalisti non hanno il tempo di fare inchiesta, di fare le loro indagini e questo avviene perché non ci sono soldi, ci sono giornalisti che scrivono gratis o ricevono 10 o 20 euro per un articolo e questo si chiama schiavismo, ma l’amore dei ragazzi per il giornalismo li porta a subire queste vessazioni. Quindi, spesso, non c’è una corretta informazione e si diventa megafoni del giudice Gratteri o di quella forza dell’ordine, spesso si fanno le squadre, con chi sta da un lato e chi sta dall’altro».