Clamoroso colpo di scena nel processo in abbreviato relativo all’omicidio di Nicola Colloca, l’infermiere 48enne dell’ospedale di Vibo, residente a Vena Superiore, bruciato vivo nella sua Opel Corsa ed il cui cadavere è stato ritrovato carbonizzato il 25 settembre del 2010 in una pineta a Pizzo. Il perito nominato dal gup del Tribunale di Vibo Valentia, Marina Russo, ha depositato le proprie conclusioni dopo la riesumazione della salma di Nicola Colloca. Per il professore dell’Università di Napoli, Pietro Tarsitano, già direttore del reparto di Medicina legale dell’ospedale Cardarelli, quello di Nicola Colloca non è un omicidio ma un suicidio.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la vittima sarebbe stata colpita violentemente con un corpo contundente in testa che ha provocato a Nicola Colloca un trauma cranico contusivo e fratturativo sulla porzione sinistra della volta cranica, produttivo di conseguenze encefaliche ed emorragiche. Gli imputati avrebbero poi distrutto il cadavere dandolo alle fiamme unitamente all’auto della vittima.

Tarsitano esclude l'omicidio

 Per il consulente del giudice, Nicola Colloca è deceduto per arresto cardiaco causato dall’esposizione del corpo della vittima ad una violenta azione termica innescata dall’incendio e dall’esplosione della miscela (benzina-aria). “Benzina contenuta in una bottiglietta rinvenuta all’interno dell’autovettura. Il decesso può essere retrodatato – evidenzia il prof. Tarsitano – molto verosimilmente al giorno della sparizione: 24 settembre 2010. I campioni macro e microscopici esaminati, nonché le risultanze degli esami tossicologici effettuati nel corso dell’autopsia della dott.ssa Bisogni rendono la tesi suicidiaria più compatibile rispetto alle ipotesi omicidiarie”. Ed ancora: “Gli esami radiografici eseguiti, nonché l’obiettività dei vari organi descritti nel corso dell’autopsia effettuata dalla dott.ssa Bisogni permettono di escludere l’azione di armi o oggetti contundenti nei distretti esaminati. L’assenza di ossa della volta è compatibile con l’azione esplosiva della violenta temperatura dell’incendio, tuttavia non permette di escludere con certezza altra azione lesiva. Possiamo però riaffermare – sottolinea il prof. Tarsitano – che Colloca era vivo al momento del violento incendio, mentre un cranio fracassato da oggetti contundenti o da arma da fuoco non sarebbe stato compatibile con la vita”.

Queste le conclusioni: “Gli elementi biologici a disposizione non permettono ulteriori approfondimenti. Come detto anche dall’ing. Mancino, solo il rinvenimento di sistemi temporizzati o telecomandati che avrebbero potuto innescare l’incendio dall’esterno dell’autovettura, potrebbe far orientare o confermare l’episodio omicidiario”. In altre parole, per il consulente nominato dal giudice nel caso del decesso di Nicola Colloca si potrebbe parlare di omicidio solo se, al limite, fosse provato l’utilizzo di un’autobomba per ucciderlo, circostanza allo stato esclusa totalmente sia per il mancato rinvenimento di sistemi temporizzati o telecomandati che avrebbero potuto innescare l’incendio, sia per il rinvenimento di una bottiglietta di benzina all’interno dell’auto.

Spetterà ora al giudice mettere a confronto le diverse perizie e giungere alle proprie conclusioni. Di certo le conclusioni a cui è giunto il prof.Tarsitano – perito nominato dal giudice - fanno allo stato venir meno l’intera impalcatura accusatoria.

Le parti civili (Colloca Antonio, Colloca Francesca Giuseppina e Panzitta Caterina), rappresentate dall’avvocato Diego Brancia, avevano già nominato un proprio consulente di parte nella persona del professore Claudio Buccelli, ordinario di medicina legale dell’Università Federico II di Napoli.

Il processo

Il processo con rito abbreviato vede imputati: Caterina Gentile, 51 anni, moglie di Nicola Colloca, e Luciano Colloca, 29 anni, figlio dell’infermiere (avvocati Guido Contestabile e Pietro Chiappalone), Michele Rumbolà, 65 anni, di Vibo (avvocato Francesco Muzzopappa).

Avevano invece optato per l’abbreviato condizionato alla nomina del perito i seguenti imputati: Caterina Magro, 44 anni, nata a Vibo, ma residente a Terni (avvocato Francesco Muzzopappa); Nicola Gentile, 57 anni, di Vibo (avvocato Costantino Casuscelli) e Domenico Gentile, 45 anni, di Arena (avvocato Bruno Ganino), cognati di Nicola Colloca. Sono tutti accusati di concorso in omicidio e distruzione di cadavere. Alla moglie ed al figlio della vittima, Caterina Gentile e Luciano Colloca, unitamente a Michele Rumbolà, viene inoltre contestata la premeditazione del delitto, mentre a moglie e figlio pure l’aggravante di aver agito contro un familiare nei reati di concorso in omicidio e distruzione di cadavere. 

Abbreviato secco avevano invece scelto i coniugi Domenico Antonio Lentini, 59 anni, e Romanina D’Aguì, 55 anni, entrambi di Vibo Valentia, difesi dall’avvocato Enzo Gennaro ed accusati di favoreggiamento personale. Secondo l’accusa, i due – convocati in più occasioni dalla polizia giudiziaria quali persone informate dei fatti – avrebbero reso dichiarazioni false e reticenti. In particolare, Romanina D’Aguì avrebbe negato di aver fornito aiuto per la ricerca di documentazione inerente un ricovero e degli esami clinici del defunto Nicola Colloca e di avere interessato Domenico Gentile affinchè si adoperasse a fornire indicazioni in merito all’autopsia su Colloca. Domenico Antonio Lentini avrebbe invece fornito agli investigatori indicazioni errate circa i riferimenti temporali inerenti il rinvenimento del cadavere di Nicola Colloca. In tal modo, D’Aguì e Lentini avrebbero aiutato gli autori dell’omicidio ad eludere le indagini della polizia giudiziaria. 

Il movente 

Movente del fatto di sangue (con sullo sfondo due relazioni extraconiugali), ad avviso della Procura, l’acquisizione dell’eredità della vittima, ovvero circa 200mila euro accumulati dall’infermiere Nicola Colloca.

E’ stato l’antifurto satellitare dell’auto di Nicola Colloca a fornire indicazioni utili ai carabinieri (della Stazione di Pizzo Calabro guidati all’epoca dai marescialli Pietro Santangelo e Paolo Fiorello) – che avevano ricevuto la segnalazione della scomparsa – per condurli sino ad una pineta isolata nel territorio di Pizzo. La morte di Nicola Colloca sarebbe avvenuta nel pomeriggio del 24 settembre 2010. Le indagini hanno permesso inoltre di accertare che prima di arrivare sul luogo dove è stato ritrovato il cadavere, l’auto di Colloca ha viaggiato senza meta per le strade di Vibo Valentia.