In base all'informativa, l’ex presidente del consiglio regionale Tallini sarebbe intervenuto per evitare che fosse pagata quella che sembra essere la mazzetta che un dipendente del Comune di Sellia Marina pretendeva per il disbrigo di una pratica (ASCOLTA L'AUDIO)
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«Incensurato», prima che fosse travolto dallo tsunami scatenato dalla maxioperazione Kyterion. Giovane ma già boss: Gennaro Mellea detto Pierino, ovvero «il capo indiscusso della cellula criminale operante a Catanzaro», organicamente inserito «nella famiglia mafiosa dei Grande Aracri che, dalla guerra di mafia con il clan Arena, che aveva travolto di sangue i comuni di Cutro e Isola Capo Rizzuto, era uscita vincente».
Classe 1977, è attorno alla figura di Mellea (foto a destra) che ruota una delle appendici dell’impianto accusatorio che ha condotto al blitz Farmabusiness e, quindi, all’arresto – tra gli altri – dell’ormai ex presidente del Consiglio regionale Domenico Tallini. L’hanno curata i carabinieri del Nucleo investigativo di Catanzaro: è l’indagine denominata Terremoto, capace di far luce sulla spavalda pervasività di una batteria ‘ndranghetista la quale, federata al casato cutrese del superboss Nicolino Grande Aracri, si sarebbe presa mezza città capoluogo di regione, intessendo rapporti con altre bande e, soprattutto, col clan degli zingari guidato da Cosimino Abbruzzese, “u Tubu”. Attentati, intimidazioni, estorsioni, traffici illeciti e «capacità di insinuarsi nei tessuti istituzionali».
«Conoscenze di calibro»
L’indagine dei militari dell’Arma muove dal 2012, in una Catanzaro che mostra i primi segnali di una inquietante recrudescenza della violenza. Monitorano il gruppo dei Gaglianesi, che manifesta «una straordinaria capacità di acquisizione e controllo dell’economia e della cosa pubblica» e vanta «conoscenze con personaggi del calibro della già senatrice Mancuso Anna Maria, Tallini Domenico, Scarpino Marcello, Amendola Andrea ed altri». Precisazione necessaria: l’ex senatrice Mancuso, il dirigente della Provincia Scarpino ed il consigliere comunale Andrea Amendola non sono indagati. Tallini è invece indagato agli arresti domiciliari in Farmabusiness, si è difeso in nell’interrogatorio di garanzia contestando tutte le accuse a suo carico ed ha annunciato ricorso al Tribunale del Riesame per ottenere l’annullamento della misura restrittiva a suo carico.
L’economia infetta
D’altro canto - si legge nell’informativa dell’Arma, trasmessa alla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e acquisita agli atti del procedimento Farmabusiness - «i molteplici interessi economici occulti della cellula criminale operante a Catanzaro emergevano prepotentemente in questa indagine per il tramite dei rapporti intessuti con amministratori pubblici ed imprenditori del luogo, ma anche di fuori regione, che si dimostravano ben lieti di accondiscendere ai voleri ’ndranghetistici della cellula criminale».
Ed in questa fase, favorite anche da alcune entrature - è l’assunto degli inquirenti - nel capoluogo di regione sarebbero sorte, una dopo l’altra, attività commerciali «anche di rilievo», quasi sempre intestate ai cutresi, in grado di riciclare fiumi di denaro sporco e movimentare un vasto giro d’affari. E a chi non si piegava avrebbero mostrato una forza militare alimentata dall’ampia disponibilità di armi ed esplosivi.
A casa del mammasantissima
Dicevamo, Mellea un personaggio chiave per fotografare il nuovo regime criminale di Catanzaro. È il 4 giugno 2012, Cutro. I carabinieri lo fermano alla guida di una Ford Fiesta. È assieme a Pasquale Scorza, consigliere comunale di Magisano, e Fortunato Giuseppe Scorza, imprenditore di Taverna (incensurati ed estranei a contestazioni di reato). «Il predetto veicolo ed i suoi occupanti - si legge nell’informativa Terremoto - poco prima erano stati visti entrare nell’area pertinenziale dell’abitazione di Grande Aracri Nicolino». Nicolino ovvero Mano di gomma, il mammasantissima. Con loro c’è un quarto uomo - notato nel corso di un servizio di osservazione dei carabinieri del Nucleo investigativo di Crotone - che «stranamente aveva abbandonato il veicolo qualche istante prima del fermo di polizia».
Gli uomini del boss
Lo tengono sempre più d’occhio, Mellea, i militari dell’Arma. Lo notano mentre fa la spola tra Catanzaro e Cutro. Capiscono che fa riferimento a Nicolino Grande Aracri. E capiscono chi sono gli uomini che gli stanno attorno. Il primo è Roberto Corapi, indicato come «fidato collaboratore» dello stesso Mellea, factotum col compito di «organizzare, promuovere, decidere, pianificare» ma anche di «provvedere alla suddivisione dei proventi illeciti conseguiti». Girano soldi e investono. Corapi s’assicura anche la gestione del bar-ristorante del Parco della Biodiversità, appalto che «non appare del tutto chiaro», in ragione degli «ambigui rapporti» - scrivono i militari dell’Arma alla Dda di Catanzaro - intrattenuti con il dirigente dell’Ufficio tecnico della Provincia Marcello Scarpino. In pratica Corapi, sul piano indiziario, è quello che cura gli affari. Sul fronte delle entrature politico-istituzionali, invece, l’asso di Mellea - dicono sempre i carabinieri - è Domenico Scozzafava, arrestato in Farmabusiness, che il gip De Gregorio indicherà come «l’uomo della pioggia» al servizio di Mimmo Tallini.
Compari mafiosi e affari politici
S’è scritto tanto, di lui, dopo l’ultima maxioperazione firmata dall’ufficio di Nicola Gratteri. Ma non tutto. Un giorno si trova a dialogare con il titolare di un’agenzia per il disbrigo di pratiche automobilistiche, che gli dice: «Sono fuori con certe persone di Isola, non è il momento…». E Scozzafava: «Ditegli che vi saluta Piero Mellea… Che li saluta il compare mio… Ditegli in questo modo». Quando si dice, la spendita del nome… Ed è attraverso figure come lui che - si legge nell’informativa Terremoto - emergono le «strategie vincenti della ’ndrangheta, evolvendo il proprio potere dall’aspetto più marcatamente militare a quello legato alle connessioni politico-imprenditoriali». Insomma è grazie a figure come «l’uomo della pioggia» che la ‘ndrangheta riesce ad «incunearsi nella vita politica-imprenditoriale-affaristica di questa città, divenendo quindi la componente fondamentale di un complesso sistema che occupa i centri vitali della società catanzarese».
Scozzafava stringe amicizia con l’ex senatrice Anna Maria Mancuso, che prima profila un grosso investimento in Calabria nel campo dell’assistenza sanitaria, poi, delusa dagli «amici calabresi», uscirà di scena. Nel frattempo, però, siamo nel 2014, nomina lo stesso Scozzafava responsabile provinciale di Cittadini per un’Italia europea, la sua associazione culturale costituita a Catanzaro, delegandolo a presentare la lista per le elezioni amministrative che si sarebbero svolte, a maggio dello stesso anno, nel Comune di Sellia Marina.
Tallini fermò una corruzione?
Ma Scozzafava è soprattutto colui che ha un rapporto politico diretto e strettissimo con Mimmo Tallini, il quale - in base a quanto si ricava dall’informativa Terremoto - su input dell’ambizioso antennista di Sellia Marina, diventa il risolutore di una vicenda davvero surreale. In pratica Tallini sarebbe intervenuto per evitare che fosse pagata quella che, a tutti gli effetti, sembra essere la mazzetta che un dipendente del Comune di Sellia Marina pretendeva per il disbrigo di una pratica.
Proviamo a semplificare la storia. Nel 2014 l’ex senatrice Mancuso vuole creare una serie di servizi assistenziali per un progetto da 16.000.000 euro. Il terreno sul quale realizzare il tutto appartiene a Tommaso Zerilli (come l’ex parlamentare estraneo ad ipotesi di reato). Zerilli si presenta al Comune di Sellia Marina perché ha bisogno di «una carta» ma «il geometra, credibilmente dell’Ufficio tecnico – scrive il Nucleo investigativo dei carabinieri di Catanzaro – gli chiedeva sine titulo una cospicua somma di denaro», ovvero «1.500 euro». Scozzafava, però, interessa Mimmo. «Infatti, subito dopo, grazie all’immediata intermediazione di Tallini Domenico, il sindaco di Sellia Marina, Amelio Giuseppe, eliminava questo anomalo dazio e si scusava dell’accaduto con Zerilli Tommaso, permettendo a quest’ultimo di ottenere, in tempi brevi, la preziosa carta richiesta all’ufficio tecnico». Era solo il primo di una serie di contatti che porteranno il potentissimo politico catanzarese ad una grana con la giustizia talmente grossa da mettere a rischio la sua carriera politica.