Per il vice presidente della Regione, che resta indagato, il giudice per l’indagine preliminare respinge la richiesta di provvedimenti cautelari. Ecco perché
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È uno dei nomi più in vista, perché ricopre il ruolo di vice presidente del Consiglio regionale. Ma la sua figura entra solo in maniera collaterale nell’inchiesta della Procura di Cosenza che ha assestato un colpo durissimo agli amministratori del Comune di Rende. Da Franco Iacucci, ex presidente della Provincia, nessun commento alle informazioni pubblicate sugli organi di informazione sul suo coinvolgimento nell’indagine anche perché c’è già stato un primo step relativo al vaglio del gip. Il reato contestato è quello di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio. Un’indagine che lo vede coinvolto insieme all’imprenditore Massimino Aceto, al dirigente della Provincia di Cosenza Claudio Le Piane e al legale della Provincia di Cosenza, Gregorio Barba.
La procura di Cosenza, coordinata dal procuratore Mario Spagnuolo, aveva chiesto una misura cautelare per tutti gli inquisiti, ma il gip del Tribunale di Cosenza Piero Santese non ha condiviso l’assunto accusatorio nei confronti di Iacucci: per il giudice cautelare di primo grado non si ravvisano gli elementi per sostenere la consumazione del reato ascritto a Iacucci, Aceto (ai domiciliari per altre ipotesi di reato), Le Piane e Barba. Una valutazione attenta che nasce dall’analisi delle intercettazioni e delle determine dirigenziali ritenute decisive ai fini della costruzione del capo d’imputazione contro i quattro indagati.
Il tutto nasce da un debito che l’Ente provinciale aveva nei confronti di Aceto di circa 70mila euro che la Provincia di Cosenza avrebbe spiegato di non poter pagare, così da generare l’ipotesi corruttiva descritta nell’ordinanza di custodia cautelare, composta da oltre 600 pagine a fronte di una richiesta di più di mille fogli zeppi di documenti, numeri e intercettazioni telefoniche.
Nel caso di Iacucci, la procura di Cosenza contesta anche il fatto che, a seguito del presunto patto corruttivo, Aceto avrebbe aiutato il politico cosentino, già capo di gabinetto di Mario Oliverio alla Provincia di Cosenza e per tanti anni sindaco di Aiello Calabro, nella campagna elettorale per le Europee del 2019, portandolo nel Vibonese e nella Locride in cui avrebbe incontrato noti imprenditori, nelle cui aziende lavoravano centinaia di dipendenti.
Per il gip di Cosenza, però, questi elementi non superano la soglia della gravità indiziaria. «Non si può parlare di una “messa a disposizione della funzione”, in quanto si è in presenza nel caso di specie di un unico episodio» e, scrive il gip Santese, «si ritiene che il quadro indiziario non sia sufficientemente delineato in relazione alla conclusione dell’accordo corruttivo, dal momento che Iacucci si è limitato a interessare della vicenda Le Piane e l’avvocato Barba, quest’ultimo quale legale, tant’è che Aceto si è anche lamentato del fatto che in un’occasione Iacucci non lo voleva ricevere». E ancora: «Non è chiaro che la stigmatizzabile proposta di Barba sia stata effettuata a chiusura dell’accordo corruttivo, e cioè quale controprestazione rispetto alla promessa fatta da Aceto di dargli qualsiasi cosa».
Non è una prova «univoca della chiusura dell’accordo corruttivo il successivo affidamento dei lavori alla Tecnoimpianti, non potendosi affermare che tutti i lavori pubblici alla Tecnoimpianti riguardassero anche Aceto». Infine, la richiesta di misura cautelare nei confronti di Iacucci, Le Piane, Barba e Aceto, si fonda «su una lettura pregiudiziale delle intercettazioni, appare forzata, tenendo conto anche della vicenda relativa al Palazzetto, in cui è emersa - dalle intercettazioni - una evidente autonomia dei Borrelli nella gestione delle trattative con i pubblici dipendenti interessati».
Insomma, valutazioni che potrebbero consentire all’esponente politico regionale di chiarire presto la propria posizione nella volontà di dimostrare l’estraneità ai fatti contestati.