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Il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria, accogliendo l’istanza dell'avvocato difensore Giuseppe Nardo, ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Reggio Calabria nel novembre dell’anno scorso a carico di Renato Marra (cl.62) di Campo Calabro e ne ha disposto la scarcerazione.
L'inchiesta "Sansone" a Villa San Giovanni
L’operazione, che aveva attinto le cosche mafiose del territorio a Nord di Reggio Calabria, nota come “Sansone”, ha tratto origine dalla complessa attività di indagine coordinata dalla Dda di Reggio Calabria riguardante la cosca Condello ed in particolare le attività finalizzate alla cattura del latitante Domenico Condello, cl.56, ed ancora le condotte delittuose imperniate su Pasquale Bertuca, capo della cosca Zito-Bertuca, storicamente attiva nel territorio di Villa San Giovanni e nei comuni viciniori, nonchè le relazioni tra le diverse consorterie operanti in Fiumara di Muro, centro storicamente dominato dalla cosca Buda-Imerti ed a Campo Calabro, territorio di altrettanto storica dominazione della cosca Garonfalo.
In questo variegato ambito è venuto alla luce, specialmente nell’area villese, una condizione di forte pressione estorsiva e di controllo criminale esercitato congiuntamente dalle cosche, in modo asfissiante e capillare. Emblematico del modus operandi delle cosche è l’espressione captata durante un colloquio in carcere nel corso del quale il capo della cosca disponeva ai suoi affiliati che nell’attività di riscossione non bisognasse “lasciare scampo a nessuno”.
Le infiltrazioni nella clinica Nova Salus
Ed, infatti, nessun settore della realtà villese è rimasto indenne. Addirittura si sono riscontrate contaminazioni mafiose anche nel campo della sanità. Al riguardo sono emersi rapporti tra il proprietario della casa di cura Nova Salus di Cannitello ed i Bertuca, tali da far ipotizzare infiltrazioni mafiose nell’assetto societario e che la clinica fosse diventata perfino un luogo dove pericolosi esponenti di rilievo delle cosche calabresi potevano trovare rifugio e sfuggire ai rigori del carcere attraverso compiacenti certificazioni di incompatibilità con il regime detentivo.
Il ruolo di Renato Marra
In questo limaccioso contesto è rimasto coinvolto anche Renato Marra, arrestato perché avrebbe partecipato all’attività di taglieggiamento a tappeto cui sarebbe stato sottoposto anche un imprenditore edile originario di Campo Calabro, ma operante in Villa San Giovanni e che, come tutti gli altri operatori economici e commerciali della zona, per potere lavorare era costretto a pagare il pizzo, appunto senza scampo. Al momento dell’arresto, Marra, che si trovava già detenuto perché condannato quale esponente verticistico della cosca mafiosa operante su Campo Calabro, nel processo cosiddetto “Reggio Nord”, approdato di recente in Cassazione, ha subito proclamato la sua estraneità ai fatti, ma il Tribunale della Libertà di allora non aveva creduto alla sua innocenza. Questa chiusura ha determinato che, pur essendo successivamente scaduti i termini massimi di custodia cautelare, Marra rimanesse in carcere.
La scarcerazione
Adesso, a distanza di un anno, dopo che la Cassazione ha annullato il provvedimento di rigetto del primo ricorso del difensore, l’altro ieri, dopo la discussione in camera di consiglio dell’avvocato Nardo, il medesimo Tribunale della Libertà di Reggio Calabria ha riconosciuto fondate le censure difensive ed ha disposto la scarcerazione di Marra, che, ora per allora, è tornato in libertà.