L’imprenditore cetrarese, è risultato l’unico completamente riabilitato dalla sentenza della Corte d’appello che ha applicato per lui la formula più ampia: perché il fatto non sussiste. Iacovo in primo grado rimediò addirittura una pesante condanna a 4 anni e 8 mesi. “Credo nella giustizia, ma quanti tormenti e sofferenze nel vedersi cucito addosso il marchio di mafioso” ha dichiarato dopo la sentenza
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Agostino Iacovo, è stato assolto con la formula più ampia: perché il fatto non sussiste. L’imprenditore cetrarese era stato coinvolto nell’inchiesta Plinius, la stessa che aveva portato all’arresto dell’ex sindaco di Scalea e che venne attuata sulla costa tirrenica cosentina nell’estate del 2013. Quella di Iacovo è stata la sola assoluzione, per gli altri invece, è stata rimodulata la sentenza di primo grado.
La sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, ha escluso per tutti gli altri imputati l’aggravante rappresentato dall’uso delle armi. Ieri, dopo una sentenzadi primo grado del Tribunale di Paola che aveva comminato pene pesanti, la Corte di Appello di Catanzaro, presieduta dal dott. Fabrizio Cosentino a latere la dott. Francesca Garofalo e Adriana Pezzo,ha riformato la sentenza del primo giudice, riducendo e rimodulando le pene.
L’operazione giudiziaria aveva seguito il clichè classico: elicotteri, mezzi, uomini, conferenza stampa, sequestri e interdizioni, titoli di giornali roboanti. Purtroppo come spesso avviene, le mega operazioni di Polizia Giudiziaria, operano con le caratteristiche di una “rete a strascico” che si porta via tutto.
Così all’alba di un giorno d’estate di 4 anni anni fa, si era portato via la libertà, i beni e l’onorabilità anche di Agostino Iacovo, giovane imprenditore Cetrarese, il quale in primo grado rimediò addirittura una pesante condanna a 4 anni e 8 mesi, oltre ai 5 mesi di detenzione preventiva e al relativo sequestro di beni.
In Italia la giustizia è lenta e, spesso commette errori pesanti, a volte fatali per le persone, e, tuttavia, e anche vero che spesso e, per fortuna, il famoso “Giudice a Berlino” arriva per compensare i molti, i troppi, errori giudiziari di questo paese. Ieri la Corte d’Appello di Catanzaro ha restituito tutto.
Agostino Iacovo è stato assolto perché il fatto non sussiste. «Esprimo grande soddisfazione per la sentenza della Corte d’Appello – ha dichiarato Iacovo ad un blog locale, dopo aver appreso della sentenza -, giunta dopo quattro anni di tormenti e sofferenze, in cui mi avevano cucito addosso l’infamante marchio del mafioso»- e ha aggiunto- «Per fortuna mi sono imbattuto in giudici attenti e scrupolosi, che grazie alla difesa dei miei avvocati, Nicola Guerrera appartenente al foro di Paola, e Salvatore Staiano, appartenente al foro di Catanzaro, sono riusciti a cogliere gli errori di valutazione commessi dal tribunale di Paola, che mi aveva condannato da innocente».
«La Calabria– ha aggiunto- è certamente una terra difficile, soprattutto per chi svolge l’attività di imprenditore. Molto spesso i contatti si rivelano nocivi, come è successo nel mio caso. Così, una conversazione male interpretata mi aveva fatto finire in carcere per 5 mesi, con il rischio di doverne passare dentro altri quattro anni. Oggi più che mai credo nella giustizia».
Agostino Iacovo si occupa di promozione pubblicitaria e di commercio, dopo il coinvolgimento nell’inchiesta Plinius e, la relativa condanna in primo grado, aveva avuto conseguenze pesanti sulla sua attività. La sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro, ha rimodulato le pene degli imputati, compreso quella dell’ex Sindaco di Scalea, condannato in primo grado a 15 anni di carcere, escludendo per lui l’associazione di tipo mafioso. L’imprenditore cetrarese, è soddisfatto, nonostante 5 mesi di ingiusta detenzione in conseguenza di questa indagine. Iacovo è sereno, nonostante abbia subito, mesi, anni, di una pena parallela a quella penale: la gogna mediatica. Una gogna feroce, senza sconti. Le migliori penne della tirrenica e i loro referenti nazionali, infatti, lo avevanodipintouna volta usuraio, una volta violento, una volta dominus criminale. Per non parlare degli accostamenti ad altre aziende che avevano avuto rapporti professionali e imprenditoriali con le sue aziende.
Fiumi d’inchiostro tesi a dipingere retroscena, a celebrare processi e a emettere sentenze di colpevolezza senza processo. Penne che, dopo aver schizzato fango nel tentativo di sporcare tutti e tutto, oggi tacciono e si limitano a dare notizia della sentenza in maniera asettica, burocratica. Per costoro un innocente in galera, un imprenditore distrutto dalla malagiustizia non ha nessun valore. Anzi, in alcuni casi vale meno delle loro congetture, della loro ambizione a raggiungere un posto nell’Olimpo dei cronisti del professionismo antimafia. E’ la stampa libera bellezza… e non ci puoi fare niente. Ma questa è un’altra storia.
Pa. Mo.