Il procuratore Luberto e il sostituto Pierpaolo Bruni avevano chiesto l'arresto per l'ex assessore regionale all'agricoltura Michele Trematerra, indagato nell'inchiesta che, questa mattina, ha portato in carcere sette persone ritenute vicine al clan dei Lanzino-Ruà di cosenza. Le accuse sono di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio ma il gip distrettuale l'ha rigettata.


Nelle trecento pagine dell'ordinanza si legge che "gli elementi posti dall'accusa a sostegno della mozione cautelare non siano sufficienti per ascrivere all'indagato la condotta di concorrente esterno in quanto non emerge la prova di un concreto ed effettivo contributo prestato da Trematerra a favore dell'associazione, emergendo, al contrario, piuttosto chiaramente, l'esistenza di una reiterata condotta di favore nell'interesse esclusivo di Angelo Gencarelli e di soggetti comunque ricollegati ad interessi personali (ed economici) di quest'ultimo".


"Ed invero - continua il gip- se da un lato è pacifico che gli eloquenti elementi investigativi delineano in modo assolutamente nitido ed evidente l'immagine, invero desolante, di un politico che ha intessuto una stabile e assolutamente deprecabile relazione di cointeressenza con il coindagato Gencarelli (compagno politico di partito e, notoriamente, soggetto legato a contesti illeciti), nella perfetta consapevolezza di piegare le sue funzioni politiche agli interessi personalistici del Gencarelli, è però al tempo stesso vero come le indagini sin qui svolte non hanno consentito di ricondurre le condotte poste in essere da Trematerra come finalizzate anche a vantaggio non del singolo sodale ma piuttosto dell'intero clan".

 

Per quanto riguarda il voto di scambio, nell'ordinanza è specificato che "gli esiti dell'attività investigativa documentano in maniera evidente come Angelo Gencarelli si sia attivamente operato a favore del candidato Trematerra sostenendone la compagna elettorale; del pari evidente è che, successivamente alla sua elezione, Trematerra abbia assunto comportamenti di palese favore nei confronti dello stesso Gencarelli e dell'impresa 'la Fungaia' allo stesso riconducibile. Tali elementi appaiono rappresentativi della realizzazione dell'accordo sinallagmatico".Ciò nonostante scrive ancora il gip "il titolo di reato contestato, anche nella forma aggravata, per i limiti edittali di pena prevista non consentirebbe il ricorso al rimedio cautelare".

 

Nel motivare il no all'arreto il Gip scrive che questo "non esclude e non sminuisce, tuttavia, il degrado morale e lo squallore"."Una vicenda – continua il gip – in cui l'uomo politico, per di più chiamato a ricoprire un ruolo istituzionale di primo piano, quale quello di assessore regionale, tradendo gli elettori e l'intera popolazione calabrese, non esita a sviare, screditando il prestigio dell'istituzione che rappresenta, i propri poteri dai fini istituzionali, anteponendo il soddisfacimento di interessi (anche economici) personalistici del singolo beneficiario di turno a discapito del perseguimento del bene comune.
Significativa in tal senso appare la vicenda legata a Gencarelli che conservava il proprio posto anche e soprattutto a fronte di resistenze dei membri dell'apparato che osteggiavano il mantenimento dell'incarico da parte di un soggetto inadatto a ricoprire il ruolo rivestito e che, per sua stessa ammissione, non svolgeva neanche le funzioni connesse all'incarico cui era preposto, disertando il luogo di lavoro e preoccupandosi di utilizzarlo solo come strumento per soddisfare i propri interessi".