VIDEO | In una chat di whatsapp i sanitari organizzavano la protesta contro l'Asp per le indennità paralizzando il servizio di emergenza-urgenza anche durante il primo lockdown (ASCOLTA L'AUDIO)
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«Io sono per bloccare le ambulanze», «mi prendo altri giorni. Mi nda futtu». Sono solo alcuni dei messaggi che gli investigatori hanno intercettato durante l’inchiesta sui medici assenteisti del 118 di Catanzaro eseguita, questa mattina, dalla guardia di finanza.
L’operazione coordinata dalla procura del capoluogo di regione è stata ribattezzata “Moliere”, come il famoso commediografo francese che scrisse e portò in scena il Malato immaginario. E immaginarie erano, secondo gli inquirenti, le malattie dei sanitari del servizio di emergenza-urgenza di Catanzaro, usate per non andare a lavorare come atto di ritorsione nei confronti dell’Azienda sanitaria provinciale, o per paura del Covid.
L’inchiesta è cristallizzata in alcuni numeri: 807 giorni di assenza ingiustificata, 41 medici indagati di cui 13 medici del 118, sequestrati oltre 46mila euro. L’indagine ha avuto origine quando il dirigente del Servizio di 118 segnala agli inquirenti che numerosi medici, in concomitanza con l’inizio del periodo di diffusione del virus Covid-19 (marzo 2020), si erano contestualmente assentati per malattia, con inevitabili ripercussioni sull’efficienza dell’attività di pronto soccorso.
Le indagini portano gli investigatori della Fiamme gialle a sequestrare i cellulari degli indagati e a scoprire, però, che dietro quel massiccio numero di medici assenti dal lavoro nello stesso periodo ci fosse una strategia inizia mesi prima dell’inizio della pandemia.
Le assenze ingiustificate, infatti, sarebbero state messe in atto dai sanitari per protestare contro l’Asp dopo la sospensione e il recupero di una speciale indennità, che sarebbe stata illegittimamente riconosciuta per anni anche in corrispondenza delle giornate di ferie.
Quelle conversazioni erano racchiuse in una chat di whatsapp, creata per coordinare la protesta nei confronti dell’Asp. Si fa fatica a pensare che quelle parole possano essere state scritte da medici: «Bisogna agire con forza! Secondo me prima di tutto inginocchiando il servizio!!». Così scrive un medico del 118, pronto a mettere a paralizzare il 118 pur di vedersi riconosciuta una indennità che, sostengono gli inquirenti, non avrebbe avuto diritto a percepire.
In un altro messaggio, un altro medico chiamava a raccolta tutti: «Concordiamo tutti insieme un’azione forzata in maniera da inginocchiare il servizio! Ma dobbiamo essere tutti! Tutti!».
Dai messaggi annotati dagli investigatori balza agli occhi la sicurezza dei medici di non poter essere scoperti, la sicurezza dell’impunità: «A nostro vantaggio è da annotare che non possiamo essere sottoposti neppure a visita fiscale», scriveva uno, mentre un altro aggiungeva: «È molto difficile dimostrare che non siamo malati. Si vocifera che manderanno la finanza a controllare. Sono solo voci, io non mi preoccuperei più di tanto».
Per mettere l’Asp con le spalle al muro sarebbero stati disposti a tutto, incuranti delle gravissime conseguenze che avrebbero arrecato le loro azioni ai malati: «Dobbiamo bloccare il servizio. Bastano cinque giorni di malattia contemporaneamente», «Fermiamo le ambulanze». E ancora: «Dobbiamo metterci in malattia tutti», «nessuno si deve prestare a coprire i turni», «dobbiamo creare il disservizio».
E mentre i medici mettono in atto la protesta scoppia la pandemia di Covid-19 e alcuni di quei professionisti, chiamati a fronteggiare l’emergenza e a dare assistenza ai malati, continuano a darsi malati facendosi diagnosticare da colleghi compiacenti malattie del tutto inesistenti: «Continuo a pensare che l’unico modo per tutelare le bambine è non mettermi in condizioni pericolose perché basta una minchiata e sei fottuto». Il senso di impunità continua a trasparire da quei messaggi: «A nostro vantaggio è da annotare che non possiamo essere sottoposti neppure a visita fiscale», «la malattia è insindacabile».