La maternità prima di tutto. È quanto successo stamane al tribunale di Catanzaro, quando la terza sezione penale dell'ufficio gip-gup del capoluogo di regione, aveva dato mandato di eseguire l'ordinanza cautelare sul presunto narcotraffico nel carcere di Catanzaro. Tra le persone finite inizialmente in carcere c'era Giada Pino, ma gli avvocato Antonio Quintieri e Matteo Cristiani, venuti a conoscenza della situazione personale della sua assistita, ha immediatamente proposta una richiesta di sostituzione della misura inframuraria.

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Così il gip Gabriella Pede, che ha firmato il provvedimento cautelare, tenuto conto dell'istanza difensiva, ha preso atto che l'indagata Giada Pino, compagna di uno degli inquisiti odierni, è in stato interessante avanzato. Richiamando, l'articolo 275, comma 4, del codice di procedura penale che «prevede che quando è imputata (o indagata) una donna incinta o madre di prole di età inferiore a sei anni con lei convivente non può essere disposta o mantenuta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale gravità».

Secondo il gip «seppure l'attività investigativa svolta» dai carabinieri di Catanzaro «abbia messo in luce una serie di condotte tenute da Giada Pino, dalle quali si apprende la proclività a delinquere, tuttavia, allo stato, non sono ravvisabili esigenze cautelari di eccezionale rilevanza». Per questi e altri motivi, il gip ha concesso i domiciliari a Giada Pino, con la prescrizione di rispettare una serie di obblighi, tra i quali, il divieto di comunicare attraverso qualsiasi mezzo anche telematico, ivi compresi i social network.