«Le parole che più sentiamo dire sono: "Non ce la faccio più", "Non so come andare avanti", "Per favore, aiutatemi"; tante volte vanno via piangendo». È questa la fotografia scattata dalla Caritas di Catanzaro che cristallizza l'evoluzione del disagio sociale a quattro mesi dall'abrogazione del reddito di cittadinanza.

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Aumento della povertà

Non un fenomeno locale, è l'ultimo report Svimez a confermare un trend tutt'altro che incoraggiante per il Mezzogiorno d'Italia e, in particolare, per la Calabria. Secondo l'associazione, il Mezzogiorno rimane l'area con la quota più elevata di individui a rischio di povertà ed esclusione sociale, il 40,6% che tradotto in numeri rappresenta 8 milioni di persone. «Il divario - si legge nel report - con il centro-nord in termini di individui a rischio è aumentato di 1,3 punti percentuali».

La Calabria in peggioramento

«Il dato meridionale nasconde andamenti eterogenei a livello regionale, con Sicilia e Campania in miglioramento, pur rimanendo su livelli elevati, mentre Puglia, Sardegna e Calabria mostrano una situazione in peggioramento». In Calabria le famiglie a rischio povertà nel 2022 sono in aumento, rispetto al 2021, di ben 2,8 punti percentuali (dal 40 al 42,8%). «In un contesto così difficile preoccupa il venir meno del reddito di cittadinanza» è quanto afferma il report che, pur non avendo stime aggiornate al periodo successivo all'abrogazione conferma che «a livello nazionale, oltre 1 milione di famiglie e 2,5 milioni di persone residenti nel Mezzogiorno hanno usufruito del beneficio».

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Il paracadute sociale del reddito

La Calabria, in particolare, risultava tra le regioni con più percettori, «le criticità derivano dal fatto che gran parte di coloro che sono definiti "occupabili" ha bassi livelli di istruzione ed è lontana dal mercato del lavoro da molto tempo» conclude il report. Una preoccupazione che trova conferma nella realtà locale. Secondo alcuni dati forniti dal responsabile della Caritas di Catanzaro, don Pietro Pulitanò, dalla data di abrogazione del reddito di cittadinanza ad oggi, i nuclei familiari in cerca di aiuto economico sono aumentati di almeno il 20%

Il difficile rientro nel mercato del lavoro

Da luglio a dicembre sono state 128 le famiglie che si sono rivolte alla Caritas, 79 italiane e 49 straniere. Tra gli italiani, in maggioranza persone molto giovani, comprese tra i 30 e i 35 anni, o più mature, tra i 50 e 60 anni, queste ultime con maggiori difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro. Molte famiglie e pochi single, ha spiegato ancora il responsabile della Caritas.

Difficoltà economiche

«Nelle ultime settimane, almeno 30 i nuclei familiari giunti al centro ascolto per chiedere un aiuto economico per poter pagare le bollette, tante volte scadute anche da due o tre mesi, ciò dimostra come la Caritas sia stata la scelta estrema», ha spiegato don Pietro Pulitanò. «Hanno anche difficoltà a pagare l'affitto di casa, spesso ci troviamo dinnanzi a sfratti per cui dobbiamo intervenire subito e poi ci sono molti casi di persone che hanno necessità di cure mediche ma per mille motivi non riescono ad affrontare queste spese».

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La fuga negli ospedali del Nord

«Noi li aiutiamo a recarsi negli ospedali, soprattutto del nord Italia, sostenendoli con il pagamento di un B&B o del viaggio stesso o con i costi della visita medica. In ogni modo cerchiamo di aiutare tutti quelli che si rivolgono a noi». Alla Caritas di Catanzaro i nuclei familiari più deboli trovano un centro ascolto pronto ad accoglierli e sostenerli economicamente, nei centri Caritas parrocchiali invece avviene la distribuzione di derrate alimentari o di indumenti e sono allestiti anche mense con la preparazione di pasti caldi, come avviene alla parrocchia del Conventino "Sant'Antonio". «Quello che avvertiamo è una paura di affrontare il domani. Chi si rivolge a noi ha bambini piccoli, spese continue da affrontare e la paura di non riuscire più a trovare un altro lavoro. Spesso cadono in una forma di abbattimento. Noi, spronati dal nostro arcivescovo, cerchiamo di aiutare tutti e di fare tutto quel che è possibile», conclude don Pietro Pulitanò.