“E’ un grande successo. Un successo sul quale non abbiamo mai nutrito dubbi, consapevoli della correttezza del nostro agire, improntato su solidi presupposti di onestà, legalità e trasparenza. E’ una sentenza che rende giustizia alle nostre ragioni ma che ci ripaga solo parzialmente dell’inconcepibile campagna stampa diffamatoria e strumentale subita e dei gravissimi errori commessi nei nostri confronti da alcuni rappresentanti delle amministrazioni locali, di fronte invece ad una condotta – la nostra – assolutamente ineccepibile”. 

 

 Così Domenico Maduli, presidente del Gruppo Pubbliemme, commenta le sei sentenze del Consiglio di Stato attraverso cui è stata riconosciuta la legittimità di tutti gli impianti pubblicitari – della Pubbliemme e di altre aziende dello stesso gruppo leader in Italia nel settore della pubblicità outdoor – per i quali il Comune di Vibo Valentia aveva emesso ordinanze di demolizione alla luce di un’interpretazione delle norme che il massimo organo di giustizia amministrativa ha ritenuto palesemente errata.

 

 NON SERVE LICENZA EDILIZIA. Il Consiglio di Stato ha infatti riconosciuto che non occorre alcun permesso a costruire per l'installazione degli impianti pubblicitari. L’intera materia è regolata infatti da una disciplina speciale e completa nel Codice della strada del 1993 e nei regolamenti comunali che prescrivono la sola autorizzazione da parte del Comune. Ciò, come detto, è ribadito da sei distinte sentenze, tutte identiche nelle motivazioni, depositate ieri dal Consiglio di Stato, che riformano in toto le decisioni prese nel 2011 dal Tar di Catanzaro che aveva respinto altrettanti ricorsi.  Annullate pertanto le ordinanze emesse nel 2011 dal Comune di Vibo Valentia (dirigenti Demetrio Beatino e Filippo Nesci) con le quali era stata disposta la demolizione degli impianti pubblicitari. Per il Consiglio di Stato, tali ordinanze di demolizione emesse dal Comune di Vibo Valentia (ed in alcuni casi addirittura già eseguite senza attendere la pronuncia del massimo organo giurisdizionale amministrativo) sono da ritenersi quindi illegittime. Accolti, dunque, i tre ricorsi presentati dalla Pubbliemme srl, dalla “Ige Comunicazioni” e da Affitalia Outdoor srl, contro il Comune di Vibo Valentia. Le sentenze, che avranno importanti ripercussioni anche a livello nazionale, ribaltano anche precedenti pronunce di segno contrario in materia.

 

I PRINCIPI DI DIRITTO AFFERMATI DAI GIUDICI.  Secondo i giudici amministrativi di secondo grado, prescrivere in aggiunta all’autorizzazione di settore, anche il rilascio del permesso a costruire, “si tradurrebbe in una duplicazione del sistema autorizzatorio che risulterebbe sproporzionata – spiega il Consiglio di Stato - perché non giustificata dall’esigenza, già salvaguardata in base alla disciplina speciale (art. 3 d.lgs. n. 507 del 1993), di tutelare l’interesse al corretto assetto del territorio”. Gli interessi legati all’assetto urbanistico, pertanto, devono “essere perseguiti dal Comune non attraverso la duplicazione dei titoli autorizzatori, ma vanno, al contrario – rimarcano i giudici amministrativi - valutati nel rispetto del principio di semplificazione e unicità del procedimento amministrativo, all’interno del procedimento di rilascio dell’autorizzazione prevista dal Codice della strada, con la conseguenza che quest’ultima autorizzazione dovrà essere negata solo nel caso in cui l’installazione risulti incompatibile con le esigenze urbanistico-edilizie. Del resto, il Consiglio di Stato ricorda che già il Codice dei beni culturali e del paesaggio ha sottratto i cartelli pubblicitari alla disciplina generale prevista per le costruzioni e le opere in genere (non equiparando quindi l’installazione di un semplice impianto pubblicitario, anche di grandi dimensioni, alla costruzione di una casa o un edificio) assoggettandoli, ove sprovvisti del nulla osta paesaggistico, alle sanzioni amministrative previste dal codice della strada e non già alle sanzioni penali previste per le costruzioni abusive.

 

LE CONSEGUENZE GIUDIZIARIE. Non occorrendo il permesso a costruire (o licenza edilizia che dir si voglia), ma solo l’unica autorizzazione prevista dal Codice della strada, sono da ritenersi illegittime le demolizioni degli impianti pubblicitari eseguite nel novembre scorso a Vibo Valentia in piazza Spogliatore, con il Comune che si è affrettato a rimuovere gli impianti nel gennaio 2016, con l'ausilio dei vigili del fuoco, nonostante fossero pendenti i giudizi di appello dinanzi al Consiglio di Stato che si è ora pronunciato chiaramente. Essendo stati accolti i ricorsi da parte dei privati titolari degli impianti pubblicitari rimossi, il Comune resta ora esposto ad un’azione risarcitoria non indifferente per il danno provocato da demolizioni che il Consiglio di Stato ha ritenuto illegittime, nonché per tutte le altre conseguenze che sono derivate da un modus operandi della Pubblica Amministrazione ossia dal Comune di Vibo Valentia, che ha determinato una lesione dell’immagine della società, della dignità e della moralità del legale rappresentante Maduli, il quale ha dovuto ingiustamente subire un processo penale ancora pendente presso il Tribunale di Vibo Valentia per reati di abusi edilizi che alla luce della odierna giurisprudenza non sono mai esistiti.

 

La conseguenza, imposta dal codice di procedura penale, è pertanto l'assoluzione con formula piena dinanzi al Tribunale monocratico di Vibo Valentia anche nel caso in cui i reati dovessero essere nel frattempo caduti in prescrizione.  Si chiude così una vicenda caratterizzata da aspetti che dovevano essere e restare esclusivamente in un ambito tecnico-giuridico, ma che non pochi hanno invece strumentalmente utilizzato per fini personali, e spesso poco nobili, che nulla hanno a che vedere con la pretesa del rispetto del diritto e delle regole. Nell'occasione il Presidente di Pubbliemme, Domenico Maduli, non può che ringraziare tutti i suoi collaboratori che quotidianamente hanno creduto e credono nel lavoro del Gruppo da lui diretto e rappresentano, per lui la soddisfazione più grande, “insieme alla fiducia dei clienti e, soprattutto, la mia famiglia – evidenzia il patron del Gruppo - che in silenzio è sempre stata al mio fianco, nonostante le tante amarezze subite e sopportate ingiustamente”.